Arrivederci

(Numero 20 – Bimestre lug-ago 2018 – Pagina 1)

Dice la Treccani che “arrivederci” è un’espressione di saluto fra due persone che si separano, con la certezza o la speranza di incontrarsi di nuovo. É così. Del resto non potrebbe essere altrimenti. Saluto la direzione de Il Cielo con la certezza, più che la speranza, di incrociare di nuovo i miei lettori.
Quando questa testata è partita, ben tre anni fa, eravamo uno sparuto gruppetto di volenterosi. Nel tempo siamo cresciuti e non solo di numero. “Vogliamo diventare grandi. Perché queste poche pagine non ci bastano”, scrivevo nel primissimo editoriale del numero zero. E la volontà ci ha ripagato perché la distribuzione è salita a 7 mila copie e le pagine sono divenute sedici. Non male per chi parte da zero, fa fede solo sulle proprie forze e su quelle di altri volontari.
La redazione de Il Cielo mi ha fatto incontrare associazioni, persone, personaggi e luoghi del rione che non conoscevo. Pur essendoci nata mi sono stupita di quanta ricchezza ci sia. Sono valori preziosi quelli custoditi dalla gente di questo rione e capisco ancora di più, ora, l’orgoglio di tanti di non voler mollare, non voler gettare la spugna di fronte alle difficoltà. Non si getta alle ortiche quello che ti sei guadagnato con la fatica.
Il passaggio di consegne con Paola Mauti, collega stimata, avverrà senza stonature. L’anima de Il Cielo risulterà intatta se non migliore. Sono certa che le critiche troveranno sempre spazio. Così come mi auguro che le collaborazioni che abbiamo instaurato con la scuola Di Donato o gli eccellenti illustratori che via via ci hanno omaggiato delle loro opere proseguano.
Tutte le scelte che ho fatto le rifarei, anche quelle che mi stanno costando qualche pensiero. Ridarei la fiducia a tutti coloro che mi hanno accompagnato fin qui e si sono dimostrati intelligenti “pungolatori”. A chi è cresciuto, stupendomi per la bravura. A chi inizialmente aveva alzato paletti contro di me mentre ora mi chiede di restare.
Non lascio perché arrabbiata o stanca. Gli impegni professionali e personali non mi consentono di dare il giusto contributo a una testata in cui ho sempre creduto.
Dovrei salutarvi con qualche citazione. Magari con una frase che stupisca.
Chiudo invece nel più semplice dei modi.
Cari esquilini, arrivederci.

M. Elisabetta Gramolini