Il rione libero, vivo, che accoglie

Chiara Armezzani - n.32 L'albero dell'Esquilino

Le parole di apprezzamento del rione Esquilino e il punto di vista ‘esterno’ di una giovane donna che di recente si è trasferita da Roma Nord con tutta la famiglia
(Numero 49 – Bimestre set-ott 2023 – Pagina 10)

Cara Redazione,
ogni giorno leggo e ascolto sul nostro rione. Poco sicuro, rumoroso, sporco: ‘da qui la gente ormai scappa, siamo abbandonati a noi stessi, nessuno verrebbe a viverci, è uno schifo’.
Vorrei offrirvi la mia prospettiva, essendomi recentemente trasferita da un quartiere di Roma Nord.
Sono nata e cresciuta in un quartiere abitato dalla classe media e medio-alta, ideale per chi vuole crescere una famiglia. Residenziale, sicuro e tranquillo. E nonostante i pregi, non mancano problemi. Infatti devono essere soddisfatte tre condizioni: un requisito di apparenza, disponibilità di denaro e possesso di una macchina. Le opzioni per vivere la socialità, senza uscire dal quartiere, sono: il bar, l’aperitivo e il ristorante. Qualsiasi altra scelta, stimolante e non ancorata all’obbligo del consumo, richiede la macchina.
Andare in libreria? Macchina. Andare a teatro? Macchina. Cinema? Macchina. ‘C’è una mostra, andiamo? No, tra tragitto e parcheggio non ho voglia di farmi 45 minuti di macchina’.
E siamo ancora in un’ottica di consumo, dove il denaro è un requisito imprescindibile, cui si aggiunge un orizzonte che vanta poca inclusione.

Fuori dal centro di Roma
non si può prescindere dalla macchina

Non posso fare a meno di pensare a quella dimensione come ad una gabbia dorata. Una vita apparentemente sicura e ordinata, ma foriera di sovrastrutture e ipocrisie: apparire, giudicare, possedere, sposare idee senza convinzione, frequentare ed evitare determinate persone (e luoghi). Potrei dire che crescere in questo modo ti costringe a vivere con una precisa maschera da trasmettere agli altri, impedendo un contatto intimo con se stessi, non offrendo spazi alternativi, uno spazio di unicità o la possibilità di espandere i propri orizzonti.
Entrando in una realtà nuova, quella dell’Esquilino, ho scoperto un luogo vero e libero. Vero perché non è una cartolina.
Sono consapevole delle criticità presenti, sono una giovane donna che a notte tarda torna da sola a casa (non in macchina), vedo i topi e la spazzatura, vedo la necessità di interventi sociali per situazioni non accettabili per la dignità umana. Eppure, nonostante venga da un quartiere sicuro, tale che dovrei soffrire un supposto stato di caos e abbandono in modo ancora più accentuato, non vedo solo questo.
Esquilino è un rione oggettivamente bello. Forse perché outsider, mi chiedo se questo aspetto non sia dato per scontato e se i residenti di lunga data si rendano conto di quanto una cosa semplice come essere immersi nel Bello (tale anche se coperto dalla sporcizia) contribuisca ad una serenità interiore e alla voglia di vivere e far vivere un quartiere.

Un rione bello, un concentrato di vita

C’è un concentrato di vita ed esperienze che rende questo luogo ricco. Ho incontrato persone di ogni (o nessun) tipo, ciascuna di esse con una vita da raccontare. Questa ricchezza, data dalla diversità, è talmente inestimabile da non riuscire a essere offuscata da qualsiasi ombra venga coperta.
Esquilino è un rione libero perché ogni identità ha la possibilità di coltivarsi. Ogni settimana scopro presentazioni, laboratori, convegni, dibattiti, mostre, spettacoli, iniziative, e altro. C’è, per chiunque lo voglia, la libertà di scoprirsi nei propri interessi, e quindi nella propria dimensione intima di felicità. E tutto ciò senza essere necessariamente costretti a spendere, a consumare. Vedo persone sul prato del parco, a prendere il sole, fare un pic-nic, sonnecchiare, leggere, giocare a scacchi, ping-pong, pallavolo, palla, badminton con una corda di fortuna.
Io stessa, nei giorni di riposo, mi sono ritrovata a fare una cosa che non avevo mai fatto: passeggiare, senza meta, senza tempistiche, per il semplice fatto di vivere in un rione che me lo permette e mi ispira a farlo. Sto scrivendo una lettera per una redazione giornalistica rionale, un qualcosa di apparentemente semplice, eppure indice di voglia di contribuire, per la prima volta, alla discussione intorno alla nostra realtà.
Ho scoperto un rione nelle persone che lo abitano, nelle vie, nei luoghi segreti, nelle botteghe e nei negozi, nella sua vita, nelle iniziative, negli equilibri politici e sociali, nelle tensioni, nei dibattiti in corso e nelle idee per il futuro.
Chiedo di non dimenticare che viviamo in un rione unico e inestimabile, dotato di una ricchezza intangibile. Forse è poco, ma ciò ha permesso ad una giovane donna di scoprire se stessa e gli altri e ne ha cambiato la vita per il meglio.

Bianca Rinaldi Ferri