Un saluto a Memè Perlini

L’attore e scrittore Fabio Bussoti ricorda il collega scomparso lo scorso aprile e residente nel rione
(Numero 13 – Bimestre mag-giu 2017 – Pagina 1)

L’ho incrociato per l’ultima volta più di un anno fa, all’angolo di via La Marmora. Era quasi mezzogiorno, io andavo al mercato di piazza Vittorio e lui forse a casa. Aveva gli occhi bassi, la testa incassata nelle spalle. Stavo quasi per salutarlo, ma persi l’attimo. Era talmente sprofondato in se stesso che il mio saluto morì in gola.
Avevo conosciuto Memè Perlini nei primi anni Ottanta, quando collaborava col Teatro Popolare di Adriana Innocenti e Piero Nuti. Me lo ricordo arrivare in teatro il primo giorno di prove e occuparsi quasi esclusivamente dell’impianto luci. Per me, giovane attore, allievo di maestri della parola come Gassman e Costa, mi sembrava un’eresia. Ma come? Le luci prima del testo? La mia formazione, ma soprattutto la mia poca esperienza, non mi facevano capire.
Oggi so con certezza che Memè Perlini era libero. La sua stessa carriera ci parla di libertà e di una Roma che alla fine degli anni Sessanta si scrollava di dosso le muffe del teatro classico per cercare nuovi spazi e nuovi interpreti. Memè scrisse quella gloriosa stagione insieme a Vasilicò, Nanni, Bene, Di Stasio, Sepe, Cinieri, Carella, Rezza e tanti altri. Fu un artista totale (oggi diremmo globale). Nel ’73 fondò con Aglioti il teatro Le Maschere. Rilesse a modo suo i Sei Personaggi di Pirandello, gli Uccelli di Aristofane e allestì un memorabile Mercante di Venezia con Paolo Stoppa. Sempre avido di nuove esperienze, alternò il lavoro di regista con quello dell’attore, il teatro col cinema. La sua curiosità artistica era il motore del suo eclettismo, ma anche la condanna a cercare sempre nuove sfide, a non accontentarsi. Aveva gli occhi pieni di luce, Memè, la chioma riccia e il baffo sardonico.
Ora ci manca. Molto. La depressione l’ha consumato, piano piano, inesorabilmente. Chi l’ha conosciuto all’Esquilino non lo dimenticherà. Il rione, è noto, ha un debole per gli artisti, soprattutto per quelli che fin dal primo giorno di prove illuminano il palcoscenico della nostra vita.

Fabio Bussotti