Di chi è questa città?

Chiara Armezzani - n.32 L'albero dell'Esquilino

Tra monezza, alberi morenti, auto e animali esotici, talvolta sembriamo dimenticarci che la città dovrebbe essere delle persone che la vivono
(Numero 49 – Bimestre set-ott 2023 – Pagina 2)

Forse è diventato ormai banale e scontato dire che ogni grande città in realtà è ‘molte città’ che convivono insieme. A Roma, poi, queste diverse città, più che convivere, le vediamo scontrarsi tutti i giorni.
Quella di cui si parla quotidianamente, ormai, è sicuramente la città della monnezza. Petroselli, grande sindaco, alla fine degli anni ’70 già diceva ‘Roma non è sporca, la sporcano!’. 50 anni dopo, forse la sporcizia è aumentata.
Sotto Petroselli furono introdotti i cassonetti: grandi, neri e brutti. Oggi sono eleganti e colorati, peccato che siano poco adatti a raccogliere l’immondizia: in alcuni casi le loro bocche, rotonde o rettangolari, sono troppo piccole o in posizione scomoda perché la gente possa infilarci un sacchetto pieno. Non essendo il caso di riportare la spazzatura in casa e lì dividerla in bustine più piccole, il sacchetto differenziato viene lasciato in terra assieme agli altri, creando mucchi di immondizia indifferenziata. Alle mancanze tecnologiche spesso si supplisce con l’organizzazione del lavoro: vari modelli di raccolta sono stati sperimentati o sono in corso di sperimentazione. Critiche tante a tutti, ma risultati migliori pochi o nulli.
E poi, se non ci sono posacenere all’ingresso dei negozi o alle fermate dei mezzi pubblici, specie delle metro, dove butto la mia cicca? Se i cestini di strada sono colmi, la carta della merendina o la bottiglietta della bibita, dove la butto?

Chi studia il disordine di Roma
merita un Premio Nobel

C’è poi la città degli animali. Uno degli spettacoli più belli e caratteristici del cielo di Roma sono le evoluzioni degli storni. Tanti fotografi le hanno riprese sullo sfondo dorato dell’autunno romano. Giorgio Parisi, romano di Roma, ha studiato questi spettacoli, e i suoi studi gli hanno valso il Premio Nobel per la fisica. Forse sarà premiato dall’Accademia di Svezia anche l’appassionato che studierà lo spettacolo dei gabbiani che, sopra un cassonetto, divorano un topo appena catturato. E intorno i pappagallini che cantano canzoni esotiche, diverse dall’autoctono cinguettio dei passerotti.
La città del verde e delle auto è una città perennemente in bilico. Rutelli, sindaco di fine anni ’90 e del Giubileo del 2000, lanciò il progetto di abbellire 100 piazze di Roma. Molti interventi sono risultati notevoli. Forse oggi si potrebbe rilanciare l’idea decorando piazze e piazzette con le auto schiacciate dagli alberi schiantati, come è successo in viale Manzoni, davanti al Liceo Scientifico Isacco Newton, o semplicemente cappottate, come quella vista qualche tempo fa davanti alla gelateria Fassi. Potrebbero essere sculture attuali, a memoria della città di oggi: strade come piste automobilistiche, strade alberate non sicure per il verde non curato.

Troppo spesso i beni pubblici
diventano beni di nessuno

Talvolta dimentichiamo che esiste anche la città delle persone, che la città la vivono. Tribù diverse, per esempio, frequentano gli spazi verdi. Bambini e loro custodi, giovani, persone di mezza età e anziani, persone dei brevi soggiorni e di passaggio. E mettiamoci pure i possessori di cani. Le esigenze e i bisogni sono diversi, non potendoli unificare è necessario fare delle scelte.
Per i bimbi, benissimo aree attrezzate e sicure con molte panchine per nonni e genitori sorveglianti. Per i ragazzetti e le ragazzette, piste per biciclettine e pattini e luoghi un po’ romantici e discreti. Campetti di basket, giochi indiani o cinesi e tavoli per il ping-pong per i più grandi. Per gli anziani tavoli fissi con scacchiere inserite e punti di aggregazione per conversare e riposarsi e leggere libri e giornali presi in piccoli box di scambio libri, se poi questi sono di lingue diverse, ecco i giardini diventare centri di accoglienza per tutti.
Se non si vogliono privilegiare categorie di persone è necessario che ci sia una sorveglianza attenta ai comportamenti della gente, personale che assicuri interventi rapidi di mantenimento e una costante manutenzione.
Una città aperta e di tutti, abitanti, turisti, lavoratori, per funzionare ha bisogno di tanta intelligenza e tanta cultura per il rispetto dei luoghi e della gente. Non basta dire che gli spazi pubblici sono ‘beni comuni’, ‘patrimonio di tutti’. Quando sono di tutti, spesso diventano di nessuno.

Carlo Di Carlo