La fine di un albero morto

Le nostre strade sono piene di tronconi abbandonati. Qualcuno le trasforma in opere d’arte
(Numero 16 – Bimestre nov-dic 2017 – Pagina 2)

Anche gli alberi muoiono. Le cause di morte sono tante: vecchiaia, inquinamento che non fa respirare le foglie, vibrazioni del terreno, taglio di radici per fare scavi per servizi quali gas, elettricità, telefono, fibra ottica, scarsità di acqua d’innaffiature causata dall’asfalto impermeabile che arriva fin quasi al tronco, malattie, assalto di parassiti. Molte volte è necessario abbattere un albero pericolante o pericoloso. Spesso, in caso di temporali, l’albero si schianta e cade coinvolgendo veicoli e pedoni.
I monconi di legno. Quando un albero muore e cade, è necessario intervenire con urgenza: l’albero caduto con il suo tronco e il fogliame, limita la strada e crea intralcio alla circolazione. Bisogna spostarlo dalla carreggiata il prima possibile: tagliamo, tagliamo tutto. Si dice che l’apparato delle radici di un albero abbia le dimensioni della sua chioma. Forse è esagerato, alcune radici non sono così estese, ma molte sono grosse, vanno in profondità o si infilano sotto l’asfalto della strada e il ciglio del marciapiede: toglierle presuppone uno scavo di una certa dimensione e una considerevole attività di ripristino. Da qui l’abitudine di segare gli alberi a una certa altezza dal suolo. Non so se esista un’altezza ottimale, ma solitamente questa si attesta tra i 40 e i 120 centimetri. In mezza giornata un “mammozzo” ricorda che lì prima c’era un albero. Tronco, rami e fogliame sono scomparsi: c’è più luce la sera e più aria di giorno. Forse non è bello vedere un albero tra tre o quattro tronchi tagliati; basta aver pazienza, grazie al tempo e all’incuria anche quell’albero superstite sarà tagliato.
Da tronconi abbandonati a opere d’arte. E del “mammozzo”, il pezzo di tronco rimasto ben piantato in terra, che ne facciamo? Nessuna paura! Può benissimo sostenere l’asta della bandiera con il logo del negozio di fronte, se scavato internamente può servire come cestino dell’immondizia (cartacce e bottiglie ci stanno tanto bene), oppure può diventare un braciere con il fuoco al centro. O ancora può eternare la firma fatta con la sega di chi l’ha tagliato. In qualche città tedesca, in accordo con la forestale, l’albero è tagliato ad altezza d’uomo e nel tronco sono ricavate varie nicchie dove mettere i libri del libero scambio, curato del negoziante più vicino. Si potrebbe adottare anche qui, l’Esquilino non è forse il rione dei libri e delle pagine viaggianti? In qualche parco il tronco viene sagomato a forma di sedile, con tanto di schienale. Una colorazione vivace lo fa diventare una sedia o un posto di gioco per i più piccoli.
Ma se non vogliamo ricorrere ad un uso funzionale del “mammozzo”, c’è chi ha pensato ad un suo uso artistico. È quello che ha fatto Andrea Gandini, qui a Roma, che armato di mazzuolo e scalpello fa nascere figure, soprattutto volti, da un tronco scapozzato. Uno, molto bello, l’aveva scolpito in viale Manzoni davanti l’Antoniano. Purtroppo l’incuria dell’aiuola dove sorgeva la scultura, l’ha soffocato con erbacce, cartacce e rifiuti canini. È una buona idea, se non è possibile fare meglio e di più: ripiantare l’albero.

Carlo Di Carlo