Piano Led: luci e ombre

I dubbi della Soprintendenza potrebbero fermare il piano Acea. La proposta de Il Cielo all’istituto scolastico Galilei: compiere uno studio sulle luci installate nel rione
(Numero 13 – Bimestre mag-giu 2017 – Pagina 4,5)

Sarebbe stato il più grande progetto del genere al mondo secondo i vertici di Acea. Sarebbe, perché il piano di sostituzione in strada di 190mila vecchie lampade con le nuove a led rischia di essere fermato dalla Soprintendenza alle Belle Arti e Paesaggio nella zona del centro storico. Per l’ex soprintendente, Margherita Eichberg, da poche settimane deposta dall’incarico per via dell’accorpamento dell’ufficio con la Soprintendenza al Colosseo e all’Area Archeologica di Roma, sono state compiute da Comune e Acea “scelte sbagliate per forma e colore”.
Lo stato dell’arte del piano. In centro, la sostituzione riguarda complessivamente 22mila corpi illuminanti, tra lampioni da palo, campane artistiche, lanterne storiche e sospensioni. I lavori sono sostanzialmente conclusi al rione Monti, a viale Trastevere e viale Regina Margherita. Per il resto, come all’Esquilino, si è a metà. L’opera prevede quarantasei milioni di euro di investimento e un risparmio per le casse comunali intorno al 55% all’anno, che, tradotto in euro, fa la rispettabile cifra di oltre 26 milioni di euro in meno in bolletta; 260 milioni in dieci anni, secondo i calcoli garantiti da Acea. L’installazione delle nuove lampade ha già interessato a macchia di leopardo tutti i municipi della città: in qualcuno, come a Ostia, è quasi al completo; altrove è alle prime battute.

Polemiche. Soprattutto in centro, l’operazione ha suscitato proteste e una fiaccolata a Trastevere. I contrari rivendicano la luce gialla delle luci montate nel 1980. Il Fondo Ambiente per l’Italia e Italia Nostra hanno sposato la causa e anche il New York Times ha dedicato spazio alla questione. La critica degli oppositori al progetto non si limita ad una valutazione sul piano estetico, visto che c’è chi arriva ad ipotizzare il rischio di un danno alla salute dei cittadini, con un’emissione luminosa che potrebbe alterare i cicli circadiani, cioè i ritmi sonno-veglia. Tutto corredato da indagini e test che confermerebbero la pericolosità dei nuovi lampioni. Ma allora, led sì o led no? “Assolutamente no”, afferma Luisa Colcerasa, residente del rione Monti. “Le luci sono spettrali – continua -. La luce bianco-bluastra è in contrasto con i colori caldi delle facciate dei palazzi. Sono contenta che abbiano fermato il piano perché queste luci sono devastanti. La situazione ora è leggermente migliorata perché hanno aggiunto perlomeno i vetri. La luce è sempre bianca – aggiunge – ma almeno non ferisce gli occhi”. I tecnici invece focalizzano l’attenzione sul tipo di led utilizzato. “Qui – osserva l’ingegnere Cesare Dornetti, coordinatore dell’ufficio tecnico di un’impresa di impiantistica – non si tratta di essere favorevoli o contrari: le lampade al led costituiscono certamente un’evoluzione rispetto alla vecchia tecnologia. Ma, prima di dare un parere, bisogna vedere il progetto. Il problema vero è la qualità del prodotto. Faccio un esempio: qualche anno fa, sono stati messi i led nelle strade; ma fu un errore, perché, così come erano, quelle lampade abbagliavano gli automobilisti. È stato necessario ottimizzarne la resa luminosa e sostituirle”.

C’è chi dice sì. “Negli anni ’80 – ricorda Alessio Brugnoli, scrittore di fantascienza -, quando furono installate le lampade al sodio, ci furono le stesse polemiche. Si disse che la dominante gialla costituiva un danno al paesaggio urbano, che le nuove lampade erano cancerogene. Lo stesso Argan (Giulio Carlo Argan, sindaco di Roma dal 1976 al 1979, ndr) si oppose fortemente al progetto. Tuttavia, erano il risultato dell’evoluzione tecnologica: miglioravano la visibilità e facevano risparmiare”.
Ma qual è la resa dei nuovi punti luce? La scelta che si è fatta a Roma oggi punterebbe a differenziare l’intensità e la qualità della luce in base alle diverse esigenze di visibilità e paesaggistiche. Si parla di gradi Kelvin, che è l’unità di misura della temperatura, dalla quale dipende la tonalità della luce: all’aumentare della temperatura, la luce passa dal rosso al blu. Nel centro storico si è optato per una tonalità che corrisponde mediamente ai 3500 Kelvin, scelta che è il risultato di un compromesso tra la tutela delle esigenze estetiche di vicoli e piazze e la necessità di garantire un’adeguata visibilità nelle strade a traffico veicolare intenso. “Abbiamo adottato una tecnologia, che è un nostro brevetto, basata su principi mutuati dall’astronomia e su alcuni studi relativi alla percezione visiva. L’obiettivo è coniugare al meglio confort visivo e risparmio energetico”, spiega Alberto Gerli, ingegnere e fondatore dell’azienda Arianna LED, che si è aggiudicata circa il 25% dell’appalto complessivo e che curerà, in particolare, l’installazione delle apparecchiature in tesatura così come per le nuove armature Roma. “Quanto ai rischi sulla salute – chiosa l’ingegnere – gli esperimenti fatti in proposito non godono di alcun rigore scientifico”.
Un tavolo all’Urbanistica. Intanto, l’assessorato all’Urbanistica e alle Infrastrutture del Campidoglio, guidato da Luca Montuori, ha annunciato l’apertura di un tavolo sul tema al quale saranno invitati “tutti gli attori e le competenze migliori”. Un supplemento di informazione e confronto che forse aiuterà placare le polemiche.

Le spiegazioni tecniche di Acea. Dal punto di vista ecologico e del risparmio, le luci led vincono su tutta la linea contro la vecchia illuminazione al sodio. E pure sul piano della colorazione delle strade il vantaggio è assicurato. Almeno è quanto ha affermato l’ingegner Paolo Fioroni, presidente di Acea illuminazione, durante la commissione lavori pubblici del Primo Municipio che si è tenuta il 30 marzo scorso. Secondo Fioroni, ogni nuovo lampione costa al Comune 257 euro, è gestibile da remoto e, ha una resa cromatica superiore al 70% mentre le vecchie lampade si attestavano intorno al 20%. Ciò vuol dire che i colori che vediamo sono più naturali e che si vede meglio quindi anche la bellezza delle strade del centro e dei monumenti, in buona misura già illuminati con sistemi a led (vedi la facciata di Santa Maria Maggiore all’Esquilino). “Da segnalare – si legge nella relazione dell’ingegner Fioroni -, la riduzione sensibile di emissione della CO2 che a compimento del piano sarà diminuita di 35.000 tonnellate all’anno. Questo pone la città in una griglia di virtuosità elevata in ottemperanza alla sigla dell’accordo di Kyoto sottoscritto dall’Amministrazione Capitolina già nel 2009, che prevedeva, tra le prime azioni, proprio la riduzione dell’energia impiegata nella pubblica illuminazione grazie alla tecnologia LED”. Ma non solo, questa nuova tecnologia riduce drasticamente anche l’inquinamento luminoso e, nelle strade in cui sono già state installate, i cittadini sono tornati a vedere il cielo stellato oltre i lampioni.
Una storia di alternanza. Fioroni ha elencato nella sua relazione le fasi vissute dall’illuminazione romana. Si parte dai primi del Novecento fino al 1920, quando veniva usato il gas e il colore dominante era il blu. Poi, nei trent’anni successivi, l’impiego di sorgenti ad incandescenza rifletteva una luce dominante bianco-oro mentre dal ’50 all’80 si è tornati al blu, con le lampade a scarica al mercurio. Infine una virata al giallo, grazie alle luci a scarica di sodio, ora in via di sostituzione. Il colore della notte romana quindi ha subito diverse mutazioni e anche la fase gialla, a cui molti abitanti non vorrebbero rinunciare, è in verità frutto di un intervento relativamente recente.
La posizione della Soprintendenza. Negli ultimi giorni del suo incarico, l’ormai ex Soprintendente alle Belle Arti e Paesaggio Margherita Eichberg ha asserito di non essere stata interpellata dall’amministrazione capitolina. Ma Fioroni nell’audizione di fine marzo ha dichiarato che in particolare per “l’intervento nella zona all’interno delle Mura Aureliane, Acea si è confrontata con le Sovraintendenze Comunali e Statali, nell’ottica di una condivisione delle scelte progettuali”. Da come si legge nella relazione, in un primo momento, nel rispetto della legge 23/2000 per la riduzione dell’inquinamento luminoso, era stata prevista la rimozione dei vetri policarbonati dei lampioni del centro “poiché – scrive Fioroni – la persistenza di questi ha come effetto negativo una rifrazione delle emissioni luminose, con la diffusione di una parte di esse non controllata dall’ottica propria dell’apparecchio verso la volta celeste”. Ma dopo altri confronti, “la Sovraintendenza e Roma Capitale hanno espressamente richiesto il mantenimento dei vetri”, come confermato dalla residente di Monti.
Una mano dal Galilei. Fin qui la cronaca e la testimonianza delle diverse voci. Ma sulla vicenda, l’Esquilino può dare un aiuto concreto grazie ad una delle sue eccellenze: l’Istituto Tecnico Industriale “Galileo Galilei”, scuola pluripremiata per i progetti anche a livello internazionale. Agli studenti di via Conte Verde e alla dirigente scolastica, la professoressa Elisabetta Giustini, chiediamo di fare uno studio sulla lampade installate nelle strade del rione, che misuri l’efficienza, valuti le differenze, segnali gli errori e suggerisca le soluzioni. Le strade infatti non sono tutte uguali e ciascuna ha bisogno di una luce adatta. Siamo sicuri che i ragazzi del Galilei e i loro docenti siano in grado di contribuire.

M. Elisabetta Gramolini, Paola Mauti