Realtà e fiction nelle Storie esquiline

Abbiamo chiesto a Palmira Pregnolato e Andrea Marcelloni di Orientalia editrice di raccontarci l’esito del concorso dedicato ai racconti brevi
(Numero 19 – Bimestre mag-giu 2018 – Pagina 9)

Domenica 27 maggio, in occasione del secondo appuntamento di Esquisito, presso il Palazzo del freddo ‘Giovanni Fassi’ verrà presentato il volume ‘Storie esquiline’, edito da Orientalia editrice e da pochi giorni disponibile in libreria. I racconti che vi sono raccolti sono i vincitori del concorso indetto dallo stesso editore nel luglio dello scorso anno. Per partecipare al concorso non erano richiesti particolari requisiti, se non che i racconti, brevi e inediti, rispettassero i limiti previsti di lunghezza minima e massima. E naturalmente che fossero ambientati nel nostro rione.
La risposta degli autori. L’iniziativa è stata accolta con entusiasmo e già a un mese dal lancio sono iniziati ad arrivare in redazione i primi elaborati. I testi hanno continuato a pervenire con cadenza regolare, fino al 31 dicembre, ultimo giorno utile per poter partecipare. Soltanto nel giorno della scadenza sono arrivati ben cinque racconti. L’ultimo di questi, stando a quanto riporta la data del server di posta elettronica, è stato inviato la notte di San Silvestro alle 23.56. Giusto in tempo per brindare al nuovo anno.
Le storie. Complessivamente sono arrivate in redazione venti storie. Tutte coinvolgenti ed interessanti e, ad eccezione di pochissimi casi, meritevoli di essere lette e pubblicate. Alcune sono vere e proprie memorie del passato, altre, la maggior parte, sono ambientate ai nostri giorni. Un paio addirittura si svolgono in un ipotetico futuro. Realtà e fiction si sono mescolate tra le strade che circondano piazza Vittorio Emanuele II, dando luogo a personaggi e avvenimenti a volte tragici, a volte comici, a volte magici. Ad esempio la porta alchemica, simbolo tra i più conosciuti del Rione, è stata uno dei soggetti più utilizzati nelle storie, anche se, ironia della sorte, non è presente in nessuno dei brani scelti dalla giuria. Ad ogni modo tutti i racconti hanno un valore documentale importante, in alcuni casi sono vere e proprie fonti testimoniali che forniscono informazioni storiche, sociali e di folklore che varrebbe la pena conoscere.
La giuria selezionata per l’occasione, e composta da Fabio Bussotti, Lorenzo Pavolini, Giona Peduzzi e Valeria Viganò, tutti scrittori e autori di professione, ha ricevuto i racconti in forma anonima e ne ha infine selezionati cinque. Si tratta di componimenti eterogenei per contenuto, stile e ambientazione, ognuno tipicamente esquilino ed emblematicamente rappresentativo di tematiche difficilmente riducibili in confini geografici definiti. Qui di seguito proponiamo una breve presentazione della cinquina vincente introdotta in ordine alfabetico per autore.
Osso di Seppia, di Andrea Fassi
“Sola in una stanza la donna affila un machete e un lungo coltello. Le due lame riflettono storpiandolo il suo volto pallido di cui non ricorda le forme. Non si specchia da anni ormai perché le basta quel viso distorto a ricordarle ciò che non è più”.
Inizia così il breve viaggio che ci propone questo racconto. Con stile d’immediata comunicazione e coinvolgimento, strappa all’oscurità coloro che vivono ai margini della nostra società, rendendoli protagonisti e offrendo loro una forma di riscatto che trascende la realtà.
Attraverso le parole, di Maria Letizia Mancuso
“La strada era deserta se non si teneva conto dei militari e dei loro forzati ospiti, ma la luce di Roma era ancora in ogni dove come a voler schiarire le tenebre di quello che stava succedendo”.
È un vero e proprio affresco in cui si fondono in un’unica sfera percezioni di sensi distinti. Nulla in questo racconto è immaginato, eppure si rimane rapiti quasi si stesse ascoltando una favola, e ci si lascia trasportare attraverso le memorie in una Roma maestosa e assolata che non si lascia adombrare neanche dall’oscurità del nazi-fascismo.
Da zero a dieci anni, di Massimo Navarra
“[L’Esquilino] Sembra disegnato apposta da un dio dispettoso per mescolare in un unico calderone ciò che di giusto e sbagliato, migliore e peggiore, apparente e nascosto, importante e inutile, morale e immorale possa offrirci la vita”.
Un excursus temporale, un cammino che evidenzia, attraverso le avventure di un giovane laureando fuorisede che per motivi di studio si trasferisce in via Balilla, il cambiamento che può sperimentare l’individuo quando decide di non chiudersi all’altro ma di accoglierlo in un percorso di crescita e di conoscenza reciproca.
Ombre cinesi, di Micol Pancaldi
“Sarà stata sui trent’anni, veniva da chissà quale angolo della Cina, o magari invece era una figlia di quel folle spicchio di Roma”.
Uno sguardo insolito, a tratti voyeuristico, che come una lente d’ingrandimento scorre sul rione, e sulle aspettative che genera nell’immaginario di chi da fuori vi approda, per focalizzarsi infine in una finestra che affaccia su uno dei tanti cortili tipici dei palazzi umbertini. Un incontro intrigante dall’esito surreale.
Flores, di Caterina Scoppetta
“Vennero ad abitare a via Re Boris di Bulgaria, quel sovrano che, per evitare il disastro rovinoso del suo regno, sposò Giovanna, la figlia di un altro re. La mamma mi raccontò che alla cerimonia era presente anche Mussolini, un tipo che ha movimentato tutta la mia infanzia”.
Un ritratto di famiglia emozionante, come una giostra che gira. Chi scende lascia il posto e un regalo speciale a chi sale. A narrarci questa storia è la persona che in famiglia possiede “un qualcosa in più”, e lo fa con parole che diventano filastrocche, ricerca infantile di quell’equilibrio consolatorio rappresentato dalla ripetizione.

Palmira Pregnolato, Andrea Marcelloni