Tra affreschi e gradini in marmo: sulle orme di Cristo

Lo scorso 11 aprile è stata riaperta al pubblico la Scala Santa. Fino al 9 giugno è stato possibile ammirarla senza la copertura lignea che la protegge dal continuo passaggio dei fedeli
(Numero 26 – Bimestre lug-ago 2019 – Pagina 6)

La Scala Santa e la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, sono accomunate dall’essere ‘testimoni’ degli ultimi giorni di Gesù.
Elena, la madre dell’imperatore Costantino, passò parte della sua vita a Roma, dove morì. Prima di stabilirsi nella vecchia capitale dell’impero, portò dall’Oriente alcune reliquie che essa stessa aveva rinvenuto a Gerusalemme: dei frammenti della Croce di Cristo, la spugna imbevuta d’aceto, parte della corona di spine ed un chiodo della Croce. Gli oggetti sacri sono tuttora conservati nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, che venne costruita sul sito del Palatium Sessorianum, dove aveva dimora la madre dell’imperatore.

La Scala Santa: da Gerusalemme a Roma. Elena portò a Roma anche quella che era stata identificata come la scala del Palazzo Pretorio, il palazzo di Ponzio Pilato. Quei gradini, stando alla tradizione, sarebbero stati percorsi da Gesù il giorno della sua condanna a morte.
Originariamente la Scala Santa era collocata presso il Patriarchium (complesso dei Palazzi Lateranensi), fino a quando, durante il pontificato di Sisto V, nel 1589, venne spostata nella sede attuale. Nel 1723, Papa Innocenzo XIII fece realizzare una copertura lignea per proteggere gli scalini di marmo dalla consunzione dovuta al continuo passaggio dei fedeli su essi.
Papa Pio IX fece restaurare la Scala e ne promosse il culto, costruendo nelle immediate vicinanze il convento che nel 1853 affidò ai religiosi Passionisti.

Gli interventi di restauro degli anni 2000. Negli anni Novanta del secolo scorso l’intero complesso in cui si trova la Scala Santa è stato oggetto di restauri certosini, e dal 2012 ha avuto inizio il restauro degli affreschi, realizzati tra il 1588 e il 1590, che fanno da cornice alla Scala. L’intero lavoro è stato seguito e coordinato dal dottor Paolo Violini, del Laboratorio Restauro Pitture dei Musei Vaticani. Nel 2018 è iniziato l’intervento sulla grandiosa reliquia, che per sessanta giorni – a partire dall’11 aprile scorso – mostrerà i suoi gradini, restaurati anche questi dal team diretto da dottor Violini.

La Scala nascosta. Grazie alla rimozione della copertura lignea sono tornate visibili le tre croci, che segnano – in corrispondenza degli scalini secondo, undicesimo e ventottesimo – i punti in cui, secondo la tradizione, erano presenti le tracce del sangue di Cristo. La più suggestiva per i fedeli, è sicuramente quella dell’undicesimo gradino, su cui Gesù cadde e con il ginocchio lesionò il marmo.
Durante la presentazione dei risultati, il dottor Paolo Violini ha evidenziato alcuni dettagli emersi nel corso del restauro, come le incisioni dei devoti sulle pareti, e ha spiegato anche come si è lavorato sulle stratificazioni degli interventi precedenti, la polvere e le velature, causate dal fumo delle candele.
Al di sotto della copertura in legno di noce, che ha protetto la gradinata per 300 anni e che ora è in restauro grazie ad un lascito privato della signora Lucia Caprara, sono stati trovati numerosi bigliettini e fotografie: ex voto lasciati dai fedeli e che ora sono conservati dai Padri Passionisti.
Guido Cornini, delegato scientifico dei Musei Vaticani, spiega che “Gli affreschi sono stati fatti nello spirito della riforma tridentina (il Concilio di Trento si era svolto dal 1545 al 1563, ndr): semplicità, ma altissima qualità pittorica e compositiva. Chi percorreva in ginocchio questi gradini non soltanto sentiva i segni della sofferenza, unendola a quella di Cristo, ma alzando lo sguardo aveva una catechesi di particolare efficacia”.

Antonia Niro