Viaggio nei tesori di Santa Maria Maggiore

Due scrigni ricchi di gioielli si nascondono sotto le cupole laterali della prima basilica mariana: le cappelle Sistina e Paolina
(Numero 38 – Bimestre nov-dic 2021 – Pagina 10)

Santa Maria Maggiore, nonostante sia la basilica paleocristiana meglio conservata, è stata oggetto di importanti modifiche susseguitesi nei secoli. Le più vistose sono certamente il campanile, del tredicesimo secolo, la facciata settecentesca di Ferdinando Fuga, che nasconde quella originale, e le due cappelle laterali denominate cappella Sistina e cappella Paolina (conosciuta anche come Cappella Borghese).
La struttura delle cappelle è ben visibile anche dall’esterno. Guardando la basilica dal lato posteriore e alzando lo sguardo verso la magnifica scalinata barocca creata da Carlo Rainaldi si noteranno due cupole in posizione laterale che corrispondono alle cappelle.

Nella cappella Sistina il primo presepe scolpito della storia dell’arte

Situata nella navata destra della basilica, la cappella Sistina fu voluta da Papa Sisto V e realizzata nel 1585 dall’architetto Domenico Fontana. Qui furono sepolti lo stesso Sisto V e successivamente San Pio V. Nonostante la magnificenza dei marmi policromi, l’elemento di maggior attrazione all’interno della cappella è il presepe di Arnolfo di Cambio, realizzato nel 1291. Considerato il primo presepe inanimato al mondo, ci mostra una raffigurazione della natività molto simile a quella dei nostri moderni presepi, per i quali sicuramente è stato d’ispirazione.
Del XVI secolo è anche la cappella Sforza, eseguita su disegno di Michelangelo Buonarroti e realizzata successivamente alla sua morte.

La cappella Paolina ospita una delle più importanti icone mariane

La cappella Paolina, situata nella navata sinistra della basilica, è stata voluta da Papa Paolo V Borghese e realizzata dal progettista Flaminio Ponzio tra il 1605 e il 1616, quindi a pochi anni da quella Sistina. Ci troviamo in piena epoca barocca e anche questa, come la sorella, è il sepolcro del Papa che la fece costruire, Paolo V, oltre che di Clemente VIII Aldobrandini.
Al suo interno, sorretta da cinque grandi angeli di bronzo, c’è l’elemento di maggior richiamo: l’icona bizantina Salus Populi Romani raffigurante la Madonna col Bambino. Sebbene la datazione sia molto discussa e alcuni studi ne collochino le origini tra 1100 e il 1200, la leggenda narra che questa icona fosse stata dipinta da San Luca. Trasferita a Roma nel 590, nel 593 Gregorio I l’avrebbe portata in processione per far cessare la peste. Da quel momento molte volte i papi si affidarono alla devozione mariana, pregando l’icona affinchè proteggesse il popolo.
Nella cappella distaccano anche le cariatidi di Pietro Bernini, padre di quel Gian Lorenzo che tanto diede all’arte e che è sepolto nella stessa Santa Maria Maggiore. Altre sculture presenti nella cappella furono realizzate da una serie di artisti quali Giovanni Antonio Paracca, detto il Valsoldo, Nicolas Cordier, Stefano Maderno, Francesco Mochi e Cristoforo Stati.
La parte pittorica fu affidata a Giuseppe Cesari detto il Cavalier D’Arpino, maestro di giovani pittori poi divenuti celebri come Guido Reni e Caravaggio. Egli realizzò i pennacchi della cupola, dove è possibile osservare i Profeti Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele e, sopra l’altare, l’apparizione della Vergine e di San Giovanni a San Gregorio Taumaturgo.
Molto visitata è anche la cappella della confessione. Posta sotto l’altare centrale, è nota soprattutto per la teca di cristallo dove vengono conservate le assi di legno che la tradizione vuole facciano parte della culla di Gesù. Il reliquiario originario fu distrutto durante la costruzione della nuova facciata ma anche la cappella della confessione, attenendosi all’idea originale, si ispira alla grotta della natività di Betlemme.

Mario Carbone

*La prima parte dell’articolo, pubblicata sul numero 37, la potete trovare qui