Arco di Gallieno: un passaggio attraverso i secoli

Nascosta tra la chiesa dei Santi Vito e Modesto e i palazzi circostanti sorge una vera “porta sul tempo”
(Numero 16 – Bimestre nov-dic 2017 – Pagina 8)

Elemento caratterizzante di uno degli scorci più suggestivi dell’Esquilino, l’arco di Gallieno è in realtà una delle porte più antiche non solo del nostro rione, ma dell’intera Urbe.
I Quinquatri minori. Durante il regno di Servio Tullio, la città venne dotata di mura (le così dette Mura Serviane). Vennero costruite anche delle porte di accesso, tra cui la Collina, la Viminale, la Querquetulana e l’Esquilina. Quest’ultima, per tutta la durata dell’età antica e buona parte dell’età medioevale, presentava tre fornici, ovvero era dotata di tre archi. Era stata chiamata Esquilina dal colle su cui sorgeva. Stando ad una leggenda, dalla datazione imprecisa, la porta Esquilina sarebbe legata alla nascita di una festività della Roma antica: i Quinquatri Minori. Un decreto aveva ridotto il numero di flautisti che partecipavano alle cerimonie. Alcuni di essi, dunque, si erano trasferiti a Tivoli. Dopo aver suonato per un ricco abitante della città, i flautisti si erano ubriacati e il proprietario di casa li aveva fatti salire su un carro senza guida per liberarsene. Il carro giunse a Roma entrando in città proprio attraverso la porta Esquilina. Gli abitanti dell’Urbe furono colpiti da questi flautisti chiassosi e, prima di cacciarli, li mascherarono. Da allora, ogni 13 giugno, una folla di flautisti e personaggi in maschera attraversava la città in onore di Minerva.
L’età augustea. Con l’avvento di Augusto, come sappiamo, l’Esquilino da luogo di sepolture, divenne un “quartiere residenziale”, dove vivevano personaggi importanti ed influenti.
Vennero costruite ville, horti con splendide fontane, padiglioni e luoghi di incontro. La cinta muraria venne investita da questa febbre edile e la porta venne completamente ricostruita: dai blocchi di tufo di epoca monarchica/repubblicana si passò al travertino. Inoltre, Augusto fece apporre sull’attico della porta un’epigrafe, che purtroppo oggigiorno è illeggibile a causa delle cancellature fatte durante l’età antica.
L’epoca imperiale e la dedica a Gallieno. Durante il periodo imperiale, nel 262 d.C., dopo alcuni lavori di restauro, il prefetto Marco Aurelio Vittore dedicò la porta all’imperatore Gallieno (253-268 d.C.) e alla sua consorte, l’augusta Cornelia Salonina. E’ ancora possibile leggere la dedica fatta dal prefetto all’imperatore sull’attico della porta, probabilmente con l’intento di adularlo e ingraziarselo. L’imperatore, infatti, avrebbe potuto leggere la dedica ogni qualvolta si recava presso la sua villa all’Esquilino.

L’arco oggi. Attualmente la porta non ha più tre fornici: i due archi laterali vennero abbattuti nel 1447, per permettere la costruzione della chiesa dei Santi Vito e Modesto. Resta il fornice centrale, dalla struttura quadrata, decorato da semplici cornici e da pilastri in ordine corinzio. Dal XIII secolo fino al 1825 erano visibili appese sull’arco le chiavi della porta Salcicchia di Viterbo, in ricordo della sottomissione di Viterbo a Roma.

Antonia Niro