I PUMS sono usciti dalle gabbie e scorrazzano per l’Esquilino

I Piani Urbani della Mobilità Sostenibile hanno perso capacità sinottica. È la giungla degli interventi particolari
(Numero 19 – Bimestre mag-giu 2018 – Pagina 2)

I PUMS, Piani Urbani della Mobilità Sostenibile, sono diventati PUML, Particolari Urbani della Mobilità Locale, figli degeneri dei PUM, Piani Urbani della Mobilità, nati tanti anni fa nel ministero dei Lavori Pubblici, nell’Ispettorato Circolazione e Traffico, dove aveva visto la luce il Nuovo Codice della Strada.
Pianificazione fai da te. I genitori dei PUM di Roma sono morti e anche i PUM più grandi di età, nati ai tempi di Tocci e poi di Alemanno, hanno fatto una brutta fine. Le loro aspettative di vita sono diventate sempre più misere, fino a riguardare brevi strade e piccoli interventi. Anzi, quest’anno si è rinunciato a una terapia generale per arrivare ad una cura fai da te, con proposte individuali, dei semplici cittadini, tutt’al più adottando una respirazione artificiale a progetti ormai morti e dimenticati. I piani non sono più fatti dal Comune, ma da singoli cittadini che propongono soluzioni a loro sentimento, e poi il Comune, l’assessorato al Traffico, con le sue commissioni create allo scopo, analizzerà, frullerà e coordinerà. Si sta lavorando.
Tanti interventi, ma nessun piano. Nel frattempo, poiché qualcosa bisogna pur dire di fare, rispuntano miseri piani locali quali la pedonalizzazione di via Bixio nel tratto della scuola Di Donato, tra via Conte Verde e via Emanuele Filiberto. Oppure le corsie ciclabili su via Emanuele Filiberto. Le prime discussioni e i primi progetti sono di cinque anni fa. Ma rispunta anche un tram tra piazza Vittorio e largo Corrado Ricci, per il quale furono fatti alcuni interventi a inizio 2015. Il suo prolungamento fino a piazza Venezia, nonostante gli stiramenti e contorcimenti che gli vuol far fare il presidente della III Commissione capitolina, Enrico Stefàno, è un mistero. Dopo la sciagurata chiusura di via dei Fori Imperiali, fatta da Ignazio Marino, il traffico, canalizzato da orribili e pericolosi cordoli in cemento, è impazzito su via Merulana, piazza San Giovanni in Laterano, via Labicana, viale Manzoni.
Alla mancata attuazione di un piano del traffico, alla mancanza di studi particolareggiati – e dove c’erano, come per via Carlo Alberto, non ci sono più i soldi – si è aggiunta l’insipienza della progettazione e, purtroppo, la realizzazione di nuovi profili sui marciapiedi di viale Manzoni a striscia continua dalla metro al liceo Newton, e di aiuole quadrate, come e più grandi di tombe di famiglia del Verano, attorno agli alberi, forse già morti, di via Labicana, da via Emanuele Filiberto a via Merulana. Viene da chiedersi se di copriradici in ghisa, come si usavano una volta, di dimensioni adeguate e posizionate a livello di calpestio del marciapiede, il progettista ne abbia mai sentito parlare. E poi si parla di pista ciclabile o di mobilità sostenibile, ma in questo caso non sono le auto a togliere spazio a bici e pedoni. E senza parlare delle delimitazioni delle corsie preferenziali su via Labicana.
Innovazione senza fantasia. Un PUMS poi, non può prescindere dalle innovazioni. Si sta diffondendo il bici-sharing: una sola bicicletta un po’ per uno, un po’ a me un po’ a te. Ma queste bici comuni hanno bisogno di parcheggi organizzati, come pure ne hanno bisogno le altre bici che, come oggetto di desiderio, sono molto rubate. Dove fare i parcheggi e come attrezzarli? E le colonnine di ricarica delle auto elettriche, dove le mettiamo? Fantasia e poca disponibilità a uno studio serio, imperano sovrane.
Bar Traffico. Tante iniziative si conoscono solo dopo la loro realizzazione. E il traffico è diventato oggetto da bar. Accanto alle chiacchiere sportive, da Bar Sport, ci sono quelle da Bar Traffico. Come le prime, anche queste servono a far passare la mattinata a pensionati davanti a un caffè o a intasare le “lettere dei lettori” nei giornali. Cioè a niente.
Se avessimo un Piano Urbano della Mobilità – generale, particolare e di dettaglio – che coinvolgesse non solo chi si muove (pedoni, auto, bici…) ma anche le sedi del movimento (strade e piazze), il loro arredo (segnaletica orizzontale e verticale), alberature e illuminazione, forse non avremmo risolto il problema della circolazione, ma sicuramente vivremmo in una città meno caotica.

Carlo Di Carlo