Il cinema e l’impegno di Carlotta Natoli

L’attrice, residente nel rione, ci racconta i suoi esordi nel grande schermo e nella televisione. E parla anche del suo impegno con comitati di zona: “l’incontro con la diversità aiuta a crescere”
(Numero 25 – Bimestre mag-giu 2019 – Pagina 2)

Carlotta Natoli ha interpretato ruoli importanti nel cinema – con registi come Michele Placido, Enrico Oldoini, Francesca Comencini – e in numerose serie televisive di successo, come ‘Distretto di Polizia’, ‘Tutti pazzi per amore’, ‘Braccialetti Rossi’ e ‘La compagnia del cigno’. Tra i suoi ultimi lavori ricordiamo il film ‘Troppa Grazia’, di Gianni Zanasi, che ha ricevuto un importante riconoscimento all’ultimo festival di Cannes nella sezione ‘Quinzaine des Réalisateurs’, e la fiction ‘L’Aquila – Grandi speranze’, con la regia di Marco Risi, che ripercorre i tragici momenti vissuti dagli abitanti della città, colpita dal terribile terremoto dell’aprile 2009.
In questa piacevole chiacchierata, avuta nella bella cornice di Palazzo Merulana, abbiamo parlato della sua professione e del nostro rione, in cui vive da molti anni.
Come ha esordito nel cinema?
Ho cominciato ad 8 anni lavorando con mio padre Piero nel film ‘Con-fusione’. Racconta la storia di un padre che dopo l’abbandono da parte della moglie rimane solo con la figlia, la quale lo convince a prendere una roulotte e a partire per il mare: inizia così un viaggio on the road che li porterà a sciogliere alcuni nodi affettivi. Il film ebbe molto successo, io vinsi anche una targa al Festival di Venezia del 1980. In seguito, anche se continuavo a dirmi che il cinema non aveva per me grande interesse e che preferivo seguire le orme di mia madre, professoressa e traduttrice di lingua e letteratura russa, ho continuato a fare altri film con mio padre e con attori quali Valerio Mastrandrea e Neri Marcorè. E man mano ho capito che amavo molto recitare sul grande schermo.
Lei è una affermata attrice, oltre che del cinema anche della televisione. Le sembrerà una domanda un po’ scontata, ma siamo curiosi di sapere se trova maggiore soddisfazione ad interpretare i ruoli cinematografici o quelli televisivi?
Sicuramente la mia passione è il cinema, ma ho deciso di interpretare anche ruoli nella televisione, perché il cinema italiano è diventato un po’ chiuso ed autoreferenziale, e oggi richiede per lo più ruoli stereotipati, o la donna giovane e bella o quella un po’ fragile e nevrotica; difficile che metta in scena donne vere, di grande forza e drammaticità. Ai giorni d’oggi anche Anna Magnani avrebbe difficoltà a trovare lavoro. Paradossalmente invece la televisione sperimenta di più e ha un aspetto popolare che mi attrae. I ruoli di Laura ne ‘I misteri di Laura’, o la dottoressa Lisandri in ‘Braccialetti rossi’, o la Monika di ‘Tutti pazzi per amore’ li ho trovati diversi tra loro, ma tutti molto innovativi. C’è poi da dire che la serie televisiva ti fa entrare di più nel personaggio che interpreti, spesso per più stagioni, facendolo diventare tuo, e ti permette di recitare meglio. Un po’ come succede a teatro. Peraltro io amo molto anche il teatro in cui ho recentemente lavorato ne ‘Le giornate della memoria’, liberamente tratto dal libro di Alessandro Portelli sull’eccidio delle Fosse Ardeatine. La regista è Francesca Comencini e i personaggi, tutti femminili, sono sei: tre gappiste e tre donne che hanno perso nella strage i loro familiari.
Venendo al rione, ci piacerebbe sapere come giudica l’offerta culturale di Esquilino, dove ci sono due teatri, un cinema d’essai, librerie, gallerie d’arte come Palazzo Merulana e parecchi centri e associazioni culturali. Le sembra che queste presenze riescano ad esprimere un livello culturale soddisfacente o le sembra che manchi qualcosa?
Secondo me il rione è pieno di ottime organizzazioni culturali, come l’Apollo11, che fa una programmazione di qualità, il centro Matemù, che promuove moltissime iniziative di buon livello aggregando i giovani del rione, l’Associazione Esquilino Basket, che accoglie moltissimi ragazzi,o la Scuola Di Donato, che fa fiorire numerosi eventi sportivi, sociali e culturali.
Forse quello che manca è una migliore comunicazione, che faccia arrivare l’informazione a tutti i cittadini del rione, o magari un posto conosciuto dove promuovere i vari eventi.
Ciò favorirebbe anche un maggior coordinamento tra le varie iniziative.
Esquilino vede una presenza molto forte di registi, attori, artisti e intellettuali che vivono nel rione da vari anni. Qual è, secondo lei, la ragione di tale concentrazione di personaggi della cultura?
La presenza di tante comunità straniere ma anche italiane – molti residenti italiani vengono da diverse città come Milano, Napoli, Torino – rende questo rione non banale e non omologato. Poi, certo, c’è il fatto che è un luogo centrale e relativamente economico. La differenza che si respira ad Esquilino, sia politica che etnica, fa sì che il rione non sia mai uguale a se stesso e crea una vivacità che attira gli artisti che prendono ispirazione da queste contraddizioni. Vorremmo una maggiore pulizia, un minor degrado, maggiori regole di convivenza, ma non dobbiamo cancellare queste contraddizioni che lo rendono vitale.
Sappiamo che è molto attiva nei comitati del rione. Come mai lei, affermata e conosciuta attrice, ha deciso di dedicare un po’ di tempo a questo tipo di attività?
In verità la mia prima motivazione a muovermi è nata da un’esigenza di sicurezza. Io ho tre figli adolescenti e sotto casa mia c’era uno spaccio di droga. Così per far fronte all’emergenza è nato un comitato per il contenimento dello spaccio, che ha messo in rete cittadini e forze dell’ordine e che ha raggiunto qualche risultato. Attraverso questa attività, ho conosciuto altre associazioni e cittadini che si impegnano moltissimo nel rione e mi è venuto il desiderio di continuare a dare una mano per la riqualificazione dell’Esquilino. Abbiamo bisogno, e mi rivolgo soprattutto alla sinistra, di cui mi sento parte, di forze politiche che si facciano carico di queste istanze di convivenza tra le diverse etnie, e che facciano proprio il concetto di interculturalità. Incrociarsi con la differenza aiuta a crescere. L’interculturalità è il futuro. Io personalmente ho sempre pensato che l’importante è partecipare. Faccio mie le parole di una canzone di Giorgio Gaber: ‘Libertà è partecipazione’. Io sono una persona molto appassionata e quindi mi appassiono anche alla vita del rione. Mi chiamo Carlotta, cioè una che lotta.

Maria Grazia Sentinelli