Il giovane Bernini riaccende Santa Bibiana

La basilica ai confini delle mura aureliane offre ancora oggi lo spirito di quel barocco romano che l’artista, allora ventenne, seppe esprimere agli inizi del Seicento
(Numero 42 – Bimestre lug-ago 2022 – Pagina 10)

Nell’estate del 1624 Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), distintosi fino ad allora come valente scultore, venne incaricato ufficialmente dal Capitolo di Santa Maria Maggiore di ristrutturare la chiesa dedicata a Santa Bibiana. In quegli anni il Bernini abitava ancora nella casa paterna di piazza dell’Esquilino e il piccolo edificio, a poche centinaia di metri lungo la strada per Porta San Lorenzo, era per lui una presenza familiare.

La venerazione della martire
era cresciuta durante l’Alto Medioevo

La chiesa era dedicata a Bibiana, giovanissima nobile cristiana del IV secolo che, respinte le profferte di un funzionario romano, aveva subito il flagello per poi morire dopo giorni di indicibili sofferenze. L’eccezionale giovinezza della vergine romana, i patimenti sofferti, il miracolo connesso alla conservazione del corpo suscitarono nella Roma protocristiana del IV secolo la venerazione popolare e ben presto un particolare culto locale si affermò a seguito dell’edificazione della domus ecclesiae di Santa Bibiana, nel 363 d.C., per volontà della matrona romana Olimpina Flaviana – o, forse, nel 468 d.C., per iniziativa di papa Simplicio.
In periodo altomedievale, accanto alla chiesa, sorse un cimitero e la devozione per la santa s’accrebbe rapidamente, assumendo connotazioni religiose di carattere misterico, diventando la protettrice degli epilettici e dei sofferenti per malattie mentali. Dopo il restauro di papa Onorio III Savelli, nel 1224, subentrarono secoli di decadenza e di degrado. Agli inizi del XVII secolo, la chiesa, che ‘pativa di freddo e d’humido per havere dentro il pavimento di marmo e di fuori la terra più alta’, necessitava di urgenti lavori di ristrutturazione.

Il Giubileo del 1625 è l’occasione per un nuovo restauro

Il fortuito ritrovamento dei corpi di Santa Bibiana, della sorella Demetria e della madre Drafosa offre l’opportunità a Urbano VIII Maffeo Barberini di fare riqualificare la chiesa per il Giubileo del 1625 – i santuari dei martiri cristiani sono infatti tappe obbligate negli itinerari devozionali dei pellegrini. Il pontefice vuole che sia il giovane Bernini a ristrutturare la chiesa mantenendone l’impianto originario a testimonianza dell’antichità del culto. La piccola aula basilicale a triplice navata, chiuse le finestre di quella centrale, resta sostanzialmente integra nella sua struttura primitiva con quattro colonne in granito rosso-grigio per lato, salvo le cappelle terminali che vengono coperte a volta e ingrandite per accogliere i nuovi altari. È l’esterno della chiesa, però, che viene completamente rinnovato: Bernini progetta, infatti, in un contrasto di luci e di ombre, di pieni e di vuoti, una nuova facciata con quattro alti pilastri in travertino e un portico a tre arcate nella parte inferiore. Al piano superiore i pilastri proseguono separando le finestre modanate, fiancheggiando il corpo centrale culminante in un timpano spezzato sotto la cui cornice trova posto lo stemma delle api araldiche dei Barberini.
Dentro un sarcofago di alabastro a vasca vengono conservati i corpi di Bibiana, della sorella e della madre e, sovrastante l’altare maggiore, dentro una nicchia marmorea, viene inserita la statua a grandezza naturale della Santa scolpita dal Bernini: il suo braccio destro si appoggia al fusto della colonna del martirio, lo sguardo incredulo, fissato verso l’alto, le labbra socchiuse in un misto di rapimento e di stupore. Il volto è ben illuminato da una luce bianca filtrata dall’alto da una finestra nascosta, una fonte luminosa che Bernini utilizza qui per la prima volta per creare un effetto drammatico e catalizzare l’attenzione nell’ombra fredda della chiesa.

Uno straordinario apparato scenografico,
testimonianza della nuova sensibilità
artistica nata dalla Controriforma

Scegliendo di rappresentare Santa Bibiana nella tensione del martirio, con la torsione del corpo e delle membra, lo sguardo ieratico e rapito, i vistosissimi panneggi delle vesti, Gian Lorenzo Bernini, trasforma la giovanissima martire da icona sacra, cui accostarsi in preghiera, a personaggio da contemplare estasiati. Lo spazio religioso della chiesa diventa il palcoscenico di una narrazione complessa. Santa Bibiana non è sola sull’altare perché sulle pareti e sulla volta della chiesa l’intero ciclo del suo martirio e gli stessi suoi familiari – la sorella Demetria, la madre Drafosa, il padre San Flaviano – sono ben rappresentati. Alcuni anche come statue vive e colorate nelle nicchie incorniciate da festoni di fiori, negli affreschi che i pittori Agostino Ciampelli (1565-1630) e il giovane Pietro da Cortona (1597-1669) ebbero modo di eseguire, contribuendo a loro volta alla nascita di quel gusto barocco che il giovane Gian Lorenzo Bernini, all’alba del Seicento, sperimenterà per la prima volta nella piccola chiesa esquilina di via Giolitti.

Carmelo G. Severino