La Memoria che incontri per strada

L’Esquilino ha un ruolo di primo piano nella storia della Resistenza romana. Epigrafi murarie e pietre d’inciampo ne ricordano i tragici eventi
di Carmelo G. Severino

(Numero 52 – Bimestre mar-apr 2024 – Pagina 4)

Tranne che per i bombardamenti del 1943/1944, Roma, grazie alla presenza del pontefice, era riuscita ad evitare le gravi distruzioni subite dalle altre città italiane. Ma dopo l’Armistizio, con l’occupazione nazifascista, la città vive per nove lunghi mesi uno dei periodi più neri della sua storia moderna, in un clima di cupo sospetto, di delazioni e di repressione. L’Esquilino, tra i tanti territori della città, ha un ruolo di primo piano per la presenza attiva e nefasta dei nazisti – a villa Wolkonskj e a via Tasso, sede del Comando delle SS, con relativo carcere di detenzione gestito dalla Gestapo – e delle varie bande di torturatori fascisti, come quella di Pietro Koch nella pensione Oltremare di via Principe Amedeo 2.

In via Cavour e in via Gioberti sono
soprattutto i civili a trasformare l’iniziale
resistenza spontanea in un acceso combattimento

In città, e all’Esquilino, la resistenza ai nazisti prende corpo già l’8 settembre 1943, quando la fuga della famiglia reale e dello Stato Maggiore lascia la città senza difese. Sono tanti i civili che si mobilitano spontaneamente e si uniscono ai combattimenti, armi in pugno, per bloccare l’entrata dei nazisti in città. Il 10 settembre, a piazza di Porta San Giovanni sono i granatieri della vicina caserma che, con pochi ufficiali, un centinaio di soldati e qualche civile, arrestano temporaneamente l’avanzata delle autoblindo. Successivamente, in
via Cavour e in via Gioberti, sono soprattutto i civili che a centinaia trasformano l’iniziale resistenza spontanea in un acceso combattimento. Al fuoco delle mitragliatrici si risponde con bombe a mano che fermano qualche carro nemico, ma poi i nazisti riescono ad avere la meglio dando inizio all’occupazione della città. La morte è la pena prevista per chi viene arrestato con l’accusa di spionaggio e favoreggiamento del nemico. Roma occupata assume l’aspetto di una città assediata, le merci scarseggiano e si patisce la fame. All’Esquilino, esponenti del movimento operaio, artigiani e piccoli borghesi, dall’ostilità al regime più o meno dichiarata passano all’opposizione armata aderendo ai vari gruppi antifascisti militanti: le Brigate Garibaldi del Partito comunista, Giustizia e Libertà, Bandiera rossa. La lottizzazione ferrovieri di via di Santa Croce in Gerusalemme diviene uno dei luoghi rifugio della lotta partigiana in città, deposito di armi e di materiale clandestino.

Sono 1.014 gli ebrei deportati di Roma.
Solo quindici sopravviveranno alla Shoà

All’alba del 16 ottobre 1943 ha inizio l’operazione di deportazione degli ebrei romani voluta dal comando nazista della Capitale, con la fattiva collaborazione dei fascisti che forniscono nomi e indirizzi. Intere famiglie – uomini, donne e bambini – vengono prelevate casa per casa dalle SS con elmetto e fucili mitragliatori. Dal quartiere del ghetto – dove viene effettuato circa il 40% degli arresti – il rastrellamento si sposta agli altri quartieri e rioni della città, tra cui l’Esquilino, nei pressi del quale, in via Cesare Balbo, c’è la seconda sinagoga di Roma.
In poche ore sono quasi 60 le famiglie ebree esquiline prelevate a forza, come quella dei Sermoneta, in via Conte Verde, dove le SS irrompono nell’abitazione del giovane commerciante Angelo, che viene arrestato insieme al padre Eugenio, alla matrigna Angelina Piperno e alla sorella Celeste, vedova e madre di due figlie, Giuditta e Gemma. Su camionette militari vengono portati al Collegio militare e avviati poi, il 18 ottobre, alla Tiburtina. Sono in più di mille (1.014) – di cui quasi il 27% bambini sotto i 15 anni e il 10% sotto i 5 anni – caricati su carri piombati diretti verso il campo di sterminio di Auschwitz, dove troveranno la morte nelle camere a gas. Soltanto quindici uomini e una donna saranno i sopravvissuti romani alla Shoà.
A ricordo delle tragiche e dolorose vicende dei caduti romani per mano nazifascista – nelle carceri romane, alle Fosse Ardeatine, ad Auschwitz e in altri campi di sterminio – sono state poste in tutta la città epigrafi murarie e pietre d’inciampo. All’Esquilino si trovano numerose epigrafi: in via di Santa Croce in Gerusalemme 28c, via Merulana 104, via Foscolo 24, piazza Vittorio Emanuele II 138, via Tasso 145, via Germano Sommeiller 12 e via Manin 72, all’interno del liceo Albertelli.
Le pietre d’inciampo, ‘Stolperstein della memoria’, ideate nel 1995 dall’artista tedesco Gunter Demning e installate davanti alle abitazioni dei caduti, sono invece presenti in via Buonarroti 29 – per ricordare il giovane Paolo Petrucci, trucidato alle Fosse Ardeatine – e in via Gioberti 47 – in memoria del giovanissimo Carlo Del Papa, assassinato il 10 settembre 1943.

Carmelo G. Severino