L’architetto del Quirinale

Ferdinando Fuga architetto dei Sacri Palazzi alla corte di due papi illuminati, Clemente XII e Benedetto XIV, chiamato all’Esquilino per rifare il look a Santa Maria Maggiore
(Numero 45 – Bimestre gen-feb 2023 – Pagina 8)

Il giovane Ferdinando Fuga (1699-1782) – così battezzato in onore di Ferdinando de’ Medici Gran Principe di Toscana – tra il 1711 ed il 1717 fu allievo di Giovan Battista Foggini, uno dei più importanti protagonisti del barocco fiorentino. Stabilitosi a Roma nel 1718, si fa subito notare con progetti che ne evidenziano l’abilità e la maestria, tra questi una proposta per la fontana di Trevi. Dopo un breve soggiorno a Palermo in qualità di ingegnere della Deputazione del Regno di Sicilia, tornato a Roma nel 1730, ottiene da papa Clemente XII Corsini l’incarico di realizzare il palazzo di famiglia e la prestigiosa carica di architetto del Quirinale, progettando, tra l’altro, la Palazzina, l’attuale residenza del Presidente della Repubblica.
Anche Benedetto XIV Lambertini, succeduto a papa Clemente XII, lo conferma architetto dei Sacri Palazzi, carica che gli dà modo di intensificare i rapporti con i personaggi della corte pontificia, e quindi di consolidare un’attività professionale fondata su amicizie prestigiose e importanti cariche professionali. Tra il 1740 e il 1741 ottiene l’incarico del restauro della basilica di Santa Maria Maggiore, una delle quattro basiliche papali, situata sul culmine del Cispio, luogo in cui verso la metà del secolo IV d.C. papa Liberio aveva fatto erigere una grandissima chiesa basilicale dedicata a Maria Mater.

Santa Maria Maggiore:
una nuova facciata per tanti stili diversi

Ferdinando Fuga, mantenendo la struttura della basilica così come era pervenuta dopo le tante trasformazioni subite nel corso dei secoli, con i significativi interventi di Carlo Rainaldi per la facciata posteriore (che per volontà di papa Clemente IX Rospigliosi aveva risolto le incoerenze architettoniche della canonica sopra la nuova sacrestia e delle due cappelle funerarie – la Sistina e la Paolina – volute dai pontefici Sisto V e Paolo V), progetta il rifacimento della facciata mantenendone il campanile e caratterizzandola con un portico ed una loggia per le benedizioni, come si può notare nella veduta della basilica di Santa Maria Maggiore disegnata ed incisa da G.B. Piranesi architetto veneziano. Tra il 1741 ed il 1743, Ferdinando Fuga, realizza con genialità un progetto di ambientazione capace di omogeneizzare in una specie di tonalità settecentesca i diversi stili preesistenti. L’intento è quello di ‘ricondurre alla pura classicità delle proporzioni un tempio che ne era ormai tanto lontano’.
Negli anni successivi, fino al 1750, Ferdinando Fuga lavora invece al restauro dell’interno della basilica e al baldacchino delle confessioni (studiato in tre soluzioni, come dimostrano i disegni pervenutici), realizzando poi il baldacchino dell’altare maggiore, poggiante su eleganti ed alte colonne di porfido che agli inizi dell’Ottocento verranno impreziosite ed abbellite dalla decorazione a foglie dorate di Giuseppe Valadier, architetto, orafo ed argentiere, uno dei più importanti del periodo neoclassico.

Il Triclinio leonino tra Celio ed Esquilino

Sempre all’architetto Ferdinando Fuga si deve, nel 1742, la progettazione del Triclinio leonino, la grande edicola in stile neoclassico addossata all’edificio della Scala Santa nel complesso lateranense di San Giovanni in Laterano. Realizzato con catino e testate in mosaico, inquadrato da alti pilastri architravati e sormontati da frontone, il particolare monumento è pensato per salvaguardare gli antichi decori musivi fatti realizzare da papa Leone III per celebrare l’incoronazione di Carlo Magno a imperatore del Sacro Romano Impero, avvenuta nel Natale del 799 d.C., ed esaltare i valori dell’unità politica del mondo cristiano. Il pontefice volle così sancire il primato dell’autorità religiosa sull’impero, nonostante entrambi i poteri venissero considerati come derivanti dal Redentore e da San Pietro. Il mosaico in origine era situato all’interno del palazzo del Patriarchio, in uno dei grandi saloni che Domenico Fontana nel 1587 aveva demolito per incarico di papa Sisto V Felice Peretti. Il paramento musivo, danneggiato nella fase di distacco dalla parete, era stato sistemato provvisoriamente vicino alla Porta Asinaria. Da allora, era stato spostato più volte in cerca della sistemazione definitiva in un luogo della piazza più appropriato, quasi a riequilibrare il vicino palazzo apostolico lateranense.

Carmelo G. Severino