L’artista di fama internazionale vive tra gli Stati Uniti e l’Esquilino dove ha uno studio e collabora con le scuole del rione e l’Associazione “Arco di Gallieno”
(Numero 13 – Bimestre mag-giu 2017 – Pagina 7)
Sei un artista di fama internazionale con atelier a New York ed esposizioni in tutto il mondo, come mai hai deciso di stabilirti a Roma, nel nostro rione?
Mi interessava vivere in Italia perché non volevo essere per tutta la vita un provinciale di New York. Anche New York, capitale dell’arte, alla fine puoi viverla come una piccola città. Ho cominciato a conoscere molti artisti italiani nel mio studio newyorkese, sono venuto spesso a Milano e a Roma e, alla fine, mi sono innamorato dell’Italia. Il mio amico Lim, un artista malese, mi ha suggerito questa zona e ho comprato un appartamento all’Esquilino. Questo rione è fantastico, il parco, la piazza, la gente che vi abita, la sua multietnicità, senti parlare dieci lingue. ? quasi perfetto ma ho detto quasi perché da un po’ di tempo, proprio sotto casa mia, via Ricasoli, c’è un mercato illegale che degrada un po’ tutta la zona e fa deprezzare le proprietà. I miei clienti hanno difficoltà ad entrare nel mio studio. Anche se viene la polizia, dopo dieci minuti tutto ricomincia. Spero che si riesca a migliorare questa situazione.
Hai partecipato a vari progetti come la scuola-museo di via Guicciardini e ora stai collaborando con l’Associazione “Arco di Gallieno”. Credi in questa attività collettiva con altri artisti e gli abitanti dell’Esquilino?
Penso che sia una cosa buona. E’ stato un onore per me dipingere il murale nella scuola Guicciardini insieme a Tony Esposito che ama il rione come me. Non c’è di meglio che lavorare nella scuola perché la vera ricchezza del mondo è la conoscenza, non i soldi. La scuola è la cosa più importante per l’umanità. Così è anche con l’Associazione degli artisti dell’Esquilino, l’Arco di Gallieno, con i quali sono pronto a collaborare.
Quando nasce la tua passione per l’arte?
Sono nato a Los Angeles da genitori estoni, quindi europei, e sono cresciuto in un sobborgo vicino. I miei genitori erano musicisti, mia madre suonava il pianoforte classico e mio padre creava strumenti musicali. Ho cominciato a disegnare a sei anni, a 12 mia madre mi ha insegnato a suonare il pianoforte, che suono tuttora tre ore al giorno, creando anche mie composizioni. Però la mia passione più grande è stata la pittura. Avevo talento per disegnare quando ero studente in California ho provato vari stili artistici ma la cosa che mi interessava di più era disegnare in modo spontaneo. Ai miei insegnanti sono piaciuti molto i miei scarabocchi e così ho continuato su questa strada ed è nata la figura senza volto che ricorre molto nelle mie composizioni.
Ti hanno dedicato più volte la copertina di Flash Art e anche quella del New York magazine. Quanto è importante per te la comunicazione?
La comunicazione è fondamentale per diventare ricco e famoso, per fare arte, avere una storia da raccontare e trovare persone con cui collaborare. Ma per me è importante anche comunicare con il mondo. Sono sicuro che il mio successo sia dovuto al mio saper ascoltare gli altri, valuto le diverse opinioni. In fondo l’autore non sono io, non sono i miei collaboratori, ma il lavoro di Kostabi è il mondo intero, questa è l’arte che il mondo vuole vedere. Io sono solo qualcosa all’interno di una macchina per divulgare l’arte. A volte posso sembrare megalomane, ma in realtà sono in dialogo con tutti. Continuo a fare quello che facevo da studente. Uso tutti i giorni i social media per sentire il parere delle persone. Per esempio chiedo spesso di darmi suggerimenti per i miei quadri. La maggior parte li scarto ma qualcuno mi piace e allora dico: “grazie quando vieni a New York o a piazza Vittorio ti offro una pizza”. Coinvolgo tutto il mondo per creare i miei quadri.
Vittorio Sgarbi ha affermato che nella tua pittura “il massimo della modernità diventa il massimo della tradizione”. Nel tuo studio di New York, il Kostabi world, i tuoi assistenti lavorano infatti con colori ad olio e con una tecnica tradizionale. Ci spieghi meglio il senso della tua bottega?
Vittorio Sgarbi è una persona intelligente e mi trovo d’accordo con quello che lui dice. Andy Warhol ha creato l’Instant Art facendo opere stampate, serigrafia su tela. Le sue opere più famose, valutate circa 80 milioni di dollari, sono state fatte in 15 secondi dai suoi due principali collaboratori. Invece il Kostabi world è più simile alle botteghe del Rinascimento italiano, i miei collaboratori lavorano su pannelli, olio su tela e impiegano più tempo per dipingere, c’è molto lavoro manuale. Io sono stato ispirato molto da Caravaggio per la luce, dal Perugino per le sfumature, e da De Chirico per la metafisica. E poi, certo, molto mi ha influenzato Andy Warhol per l’uso dei media e della comunicazione.
L’associazione “Arco di Gallieno” ti invita alla scuola Di Donato per dar vita ad un progetto con gli studenti. Che ne dici?
Affare fatto.
Michele Marinaccio, Maria Grazia Sentinelli