Nel suq di Via Gioberti

Accessori contraffatti e gadget. Ecco il biglietto da visita di Roma per i turisti. Il Municipio: “Impossibile continuare a fare guardia e ladri. Servono regole semplici e colpire le organizzazioni criminali che manovrano i venditori”
(Numero 0 – Bimestre mar-apr 2015 – Pagina 3)

Una fila di ambulanti abusivi. Molti visi del Bangladesh, alcuni del Ghana, altri del Senegal. Per chi esce dalla stazione Termini sul lato di Via Giolitti l’impatto visivo è duro: una porzione di città abbandonata a se stessa, dove il commercio, anche quello chiuso fra quattro mura, straborda. L’immagine non è diversa da quella che si può trovare anche in Via Ottaviano o Via Cola di Rienzo. Stesso slalom. Fra una finta borsa di Prada, una cinta stesa a terra su un lenzuolo, il gadget per lo smartphone, l’accendino con la torcia incorporata. “Dove sono i turisti si concentrano anche i venditori abusivi”, commenta il titolare delle attività produttive del I Municipio, Jacopo Emiliani Pescetelli. Da quando è in carica, l’assessore fronteggia con i mezzi che ha il fenomeno. L’impresa è titanica. “Le unità della polizia municipale a disposizione sono pochissime – spiega -. E anche mettere una pattuglia fissa non risolve il problema. I venditori si spostano in un’altra area. E’ accaduto ad esempio al mercato di merce rubata in Via Carlo Felice”. Mettere un poliziotto ad ogni angolo non è l’obiettivo. L’amministrazione vorrebbe un’attenzione maggiore dalle altre forze di polizia e delle Fiamme gialle. “Se si fa caso, gli abusivi hanno paura solo della Finanza”, sottolinea Pescetelli.
Catene criminali. Gli ambulanti spesso sono solo l’ultimo anello di una lunghissima filiera in mano alle organizzazioni criminali. “Lo dimostra il fatto che siano organizzatissimi nel cambiare il tipo di merce in base al meteo. Chi li rifornisce? E poi, come mai hanno sempre il numero di un avvocato pronto a difenderli? Chi lo paga?”, domanda l’assessore. Il fenomeno non può essere arginato solo dalla polizia municipale che non ha né i mezzi né le competenze. “La dubbia provenienza dei prodotti dovrebbe allontanare gli acquirenti. Eppure se ci sono, vuol dire che qualcuno compra da loro”, aggiunge.
La bancarella si allarga. Nelle vie limitrofe alla Stazione, accanto all’abusivismo totale, c’è quello parziale. I banchi e i negozi occupano in maniera illecita il suolo pubblico invadendo i marciapiedi. Qui il municipio come può intervenire? “Su questo tema raccogliamo ogni giorno decine di segnalazioni. Invito i lettori a scrivermi all’indirizzo jacopomaria.emilianipescetelli@comune.roma.it per indicare le violazioni. Basta per esempio fare caso a quanti metri quadrati occupano le bancarelle. Sopra i 12 (3mX4m) sono irregolari. “Andare oltre i limiti non solo è pericoloso per l’incolumità dei passanti ma è anche una scorrettezza verso i commercianti che si attengono alle regole”, commenta l’assessore.
Regole poco chiare. A complicare il quadro ci sono le leggi in vigore. La regolamentazione del commercio capitolino è un susseguirsi di complicazioni. Viene spontaneo chiedersi se la ratio nel passato sia stata proprio quella di non permettere i controlli e le sanzioni. Ad esempio le bancarelle, caso unico in Italia, sono sottoposte a rotazioni. Ciò significa che uno stesso operatore un giorno può stare all’Esquilino, l’indomani a Prati. La conseguenza è che la polizia municipale se rileva un abuso, deve aspettare che torni nella stessa postazione per controllare che non venga replicato. “Poi c’è la legge regionale sull’equivalenza del valore della postazione che per noi del I Municipio è come avere le manette ai polsi. Se una autorizzazione è stata concessa per una via, nel caso in cui la si debba spostare, si dovrà assicurare lo stesso volume di passaggio dei pedoni. Per fortuna ora il Consiglio regionale sta discutendo la legge approvata dalla giunta che cancella il principio ma chissà quando vedrà la luce. Inoltre, a partire dal 2017 entrerà in vigore una norma europea che permetterà alle amministrazioni locali di rivedere tutte le concessioni di suolo pubblico”.

M. Elisabetta Gramolini