Nuove aperture, nuove speranze

Chiara Armezzani - n.33 Nuove aperture nuove speranze

Numero 33 – Bimestre nov-dic 2020 – Pagina 14

Lì dove c’era la salsamenteria di Vincenzo ha aperto un originale ristorante cinese che offre un ampio menù e ottimi ravioli

D’angolo tra via Conte Verde e via Cairoli ha aperto un posto carino dopo anni di stasi, lavori e rimandi. Lì, nello stesso locale, andavo ogni mattina per gustarmi un panino di Vincenzo, il proprietario dello storico alimentari che per anni ha dispensato cibo agli abitanti dell’Esquilino. Era la mia seconda colazione, quella con panino imbottito di pietanze preparato da Vincenzo e dalla moglie. Se non ricordo male, fu uno dei primi luoghi di cui scrissi in questa rubrica, al tempo appena nata insieme al Cielo sopra Esquilino.
Passano gli anni e la rubrica diventa adulta, Vincenzo decide di chiudere e mi lascia senza seconda colazione e senza le sue chiacchiere. Poi il tempo scivola. Dopo il vuoto iniziano lunghi lavori di ristrutturazione misti alla curiosità dei passanti.

Un menù ricco e squisiti ravioli tradizionali

‘Noodles & Tea’ apre a inizio ottobre 2020. Aspetto qualche settimana prima di avventurarmi. Poi mi decido. Amelia e Domitilla accanto a me, e andiamo a provare quest’angolo di Cina.
Non hanno il seggiolone. Amelia che a sette mesi vuole sentirsi pari a chi le sta intorno, non ama restare nel passeggino quando siamo a pranzo o a cena fuori; vuole il suo spazio. Così la alterniamo in braccio, mentre ordiniamo ravioli al vapore, baozi e spaghetti fritti con verdure.
– Ci vuole un po’, li facciamo a mano i ravioli. Ok?
Guardo Domitilla, poi insieme guardiamo Amelia e annuiamo, certi che con il doppio colpo seggiolone-tempistiche griderà presto il suo dissenso.
Mi guardo intorno, il locale pulito e luminoso è semplice. La cucina a vista mi piace perché, non c’è niente da fare, dà sempre fiducia il poter vedere. Sulla parete alla mia sinistra, la più grande, c’è una rappresentazione della cucina cinese, un dipinto che raffigura la lavorazione centenaria di un prodotto della loro tradizione.
Aspettiamo. Amelia fissa un’altra bambina seduta al tavolo. Intuisce, credo, sia più grande di lei quindi si limita a due schiaffi sul tavolo e a un paio di gridolini, per poi disinteressarsene quando arrivano i ravioli al vapore. Ho ancora tra le mani il menù e noto che hanno tanti prodotti. Tanti. Troppi?
Assaggio il primo raviolo, è squisito. Domitilla ne mangia uno dopo l’altro, mi guarda e annuisce soddisfatta. Il raviolo al vapore è affascinante. Quei contenitori in cui arriva, quel calore potente che emana. Mi ricordo di quando, durante la mia permanenza in Cina, visitai un locale che, in quanto a storia, superava anche il Palazzo del Freddo: duecentodieci anni di attività. Era specializzato in ravioli ben diversi da quelli cui siamo abituati qui. Più grossi e con del brodo all’interno da bere con una cannuccia.
Di questi che ho nel piatto comunque ne mangio sedici, anzi diciotto perché Domitilla due li lascia, pur avendoli apprezzati. Sono davvero buoni. Questo tipo di raviolo arriva dalla cultura cinese come tipico prodotto da cucinare in famiglia durante il capodanno, un po’ come qui in Italia la pasta fatta in casa in occasione delle feste. Sono sfumature di profonda cultura culinaria che minano il primato mondiale del cibo italiano.

Cibi semplici ma gustosi… Ma sarà tutto così buono?

La ragazza che ci serve torna per sincerarsi che tutto sia di nostra gradimento. Parla abbastanza bene l’italiano ma abbiamo la sensazione fatichi un po’ a capirci. È molto gentile e solare, mi chiedo come mai l’intelligenza cinese non si adoperi per avere una persona che parli, oltre il cinese, anche un italiano perfetto. Ne guadagnerebbero tanto nella spiegazione dei piatti, avendo tutti i presupposti per piacere, tra gusto e cultura. Lei però è davvero felice di vederci soddisfatti, lo vedo dagli occhi, dato che non ho idea, per via della mascherina, della sua altra metà di volto.
Arriva il mio baozi. Un grosso raviolone di pane ripieno di maiale, spesso gustato a colazione in Cina, sembra sia stato inventato da un anziano saggio di nome Zhuge Liang. Qui la mia saggezza invece osserva ci sia molto pane e non molto maiale ma – Buono da morì – dico, guardando poi Amelia che inizia con il labruccio inferiore a farci capire che la linea di confine della sua pazienza sta per essere varcata.
Domitilla mangia gli spaghetti fritti.
– Ti piacciono?
– Molto, sono semplici ma ottimi.
Amelia grida un – Daaa daaaaaa – Che significa: mamma, papà, ciao… tutto insieme! O più semplicemente la fine della sua serenità priva di seggiolone.
Finisco il delizioso baozi e ci alziamo per pagare. Vestiamo Amelia quando una signora a un tavolo poco distante da noi ci guarda e mi dice:
– Lei è Andrea Fassi?
La riconosco, la vedo spesso in giro per il rione con la figlia.
– Sì, salve!
– Carinissima la sua rubrica su ‘Il Cielo sopra Esquilino’, la leggo sempre! – Mi sorride.
Mi viene in mente Vincenzo. Anche a lui piaceva, e spero gli piaccia tutt’ora. Penso che il vuoto culinario lasciato da quel simpatico vecchietto, nel mio cuore non potrà essere mai colmato.
Senza dubbio noi tre torneremo a testare l’infinito menù di ‘Noodles & Tea’, per sciogliere il dubbio e capire se è tutto buono come i ravioli al vapore e il Baozi. Sfida complessa perché, si sa, non sempre quantità fa rima con qualità.

Andrea Fassi