Vi presento Mobi, la mobilità del terzo millennio

Continuiamo a raccontarvi di Mobilità e Monnezza, i nuovi gemelli di Roma Capitale
(Numero 27 – Bimestre set-ott 2019 – Pagina 2)

Come già visto nell’ultimo numero di questo giornale, la leggenda narra che Roma sia nata da un’idea di due fratelli gemelli i cui animi furono scossi dagli interessi connessi al primo piano regolatore urbano.
Il terzo millennio ci ha portato due nuovi gemelli: Mobi e Monne, Mobilità e Monnezza. I loro difetti li conosciamo: sciuponi con i soldi, svogliati sul lavoro, grande passione per i fuochi e le fiamme, specie se a prendere fuoco sono autobus, depositi di rifiuti e cassonetti. Mobi ha superato se stesso facendo prendere fuoco addirittura a un piccolo autobus elettrico, cosa ritenuta impossibile. Ma forse si è trattato di un esperimento in scala ridotta per poi passare a quelli più grandi, dopo aver acquisito esperienza nei flammebus degli autobus a gasolio.
I due fratelli, Mobi e Monne, sono anche poveri accattoni: Monne prega e paga per farsi portar via l’immondizia verso altre regioni o addirittura all’estero, in Austria o Germania, alla faccia del ‘prima gli italiani’, Mobi cerca autobus anche se vecchi e usati in Israele e in Turchia.

Cambiare i connotati. Anche Mobi, come già Monni, sta pensando di cambiare nome… e già sono pronti i paroloni! La NUOVA MOBI dovrebbe fornire “un servizio efficiente e di qualità, in grado di rispondere alle esigenze dei lavoratori e degli utenti, universale, con attenzione alle differenze sociali e di genere e alle classi di abitanti più in difficoltà per età, condizione di reddito, di abitazione, di precarietà lavorativa…”. Ciò comporta modifiche nell’organizzazione interna e nel governo della mobilità. facendosi carico del pendolarismo, del peso del turismo, della gestione urbanistica e abitativa, nonché delle tante e tante recenti innovazioni tecnologiche.
Non sarebbe male se il suicidio e la rinascita avvenissero in concomitanza del 21 marzo 2021, ossia dei 110 anni della prima linea pubblica, la n. 3 Piazza Colonna-Santa Croce in Gerusalemme, della ATM (Azienda Tranvie Mu-
nicipali) che era stata fondata nel 1909 come AATM (Azienda Autonoma Tranviaria Municipale) per iniziativa dell’avvocato Giovanni Montemartini e del sindaco Ernesto Nathan.

Il vestito nuovo. Mobi da poco dovrebbe avere un vestitino nuovo, un vestitino della collezione PUM (Poco Uso dei Mezzi Pubblici) ovvero della collezione MUP (Molto Uso Mezzi Privati). Si tratta di una collezione di modelli di qualche anno fa, di quando c’era Ignazio Marino (erano suoi i Punti Fermi), portato ora avanti senza un riesame e una riprogettazione.
Per acquistare il nuovo vestitino bisogna trovare i soldi, e forse nella delibera n. 39 del 25 giugno 2011 c’è rimasto ancora qualcosa da vendere. Ma anche questo potrebbe non bastare, perché i cravattari vogliono lo spezzatino delle linee di trasporto, a cominciare dalla Roma-Lido (che potrebbe essere acquisita dai francesi o dalle Ferrovie).
Sul vestitino nuovo sono state cucite modeste proposte di ‘Alto gradimento’ online, fingendo una partecipazione non organizzata e preparata, ma neppure vincolante, insomma da chiacchiere al bar. È inutile cercare costi e certezze di realizzazione: sono sostituiti da false assicurazioni di imminente realizzazione. C’è qualche ipotesi dei fondi promessi per la mobilità dall’ex ministro Toninelli?
La Mobilità di Roma Capitale oggi non tiene conto della Città Metropolitana (qualcuno sa cosa sia?) e della Regione, cioè di un forte pendolarismo di merci e persone. Solo la gestione dei rifiuti solidi urbani sposta una montagna di circa 1.000.000 (un milione!) di tonnellate di rifiuti che escono ogni anno dalla città, diretti a impianti di trattamento o smaltimento.

Oggi come allora. Pochi giorni fa è Stato approvato il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile. Sarà sufficiente a evitare un dramma simile e peggiore di quello di 3.000 anni fa? Oggi i nuovi gemelli Monne(zza) e Mobi(lità) rischiano di rimanere soffocati, nel traffico e nella spazzatura. E con loro soffochiamo tutti noi.

Carlo Di Carlo