2088, rifugio nella Grande Rete

È dell’Esquilino la nuova voce sino-italiana della narrativa di genere, Alessandro Zhu, scoperto da Orientalia Editrice
(Numero 45 – Bimestre gen-feb 2023 – Pagina 4)

Lo incontro nella sua tabaccheria di via Conte Verde. Il via vai di persone è continuo. Alessandro Zhu è come sempre gentile, professionale, un po’ riservato. Ormai da qualche anno so della sua passione per la scrittura. È stato uno dei vincitori della prima edizione del concorso di racconti ‘Cinarriamo’, organizzato da Orientalia Editrice e rivolto a giovani sino-italiani, ragazzi nati o cresciuti in Italia da genitori di nazionalità cinese. Andrea Marcelloni e Palmira Pregnolato di Orientalia hanno notato subito lo sguardo originale di Alessandro e ora ne accompagnano l’esordio con il romanzo ‘2088’, disponibile nelle librerie dallo scorso dicembre.
Già così è una bella storia: una piccola realtà editoriale porta avanti un faticoso e attento lavoro di ricerca di nuove voci tra i giovani cinesi di seconda generazione, da Milano a Napoli, e trova quella di Alessandro Zhu, nascosta dietro il bancone di un negozio dell’Esquilino. Ad oggi, infatti, non sono molti gli scrittori italiani sino-discendenti. Le ragioni sono tante. Una di queste è la difficoltà di intraprendere percorsi di formazione o di lavoro nel settore della cultura e dell’arte. Alessandro per un po’ ha studiato cinema a La Sapienza, poi ha continuato a coltivare la sua passione e la sua creatività nel tempo libero, alzando e abbassando ogni giorno la serranda della tabaccheria.

‘2088’ è il primo romanzo distopico scritto da un sino-italiano

Questa storia diventa ancora più interessante quando si legge l’opera prima di Alessandro. Fino a qui la letteratura sino-italiana ha raccontato la cultura e la storia cinesi, poi, con sempre maggior consapevolezza, ha affrontato i temi dell’identità, della dialettica cinesità/italianità, del rapporto con la famiglia di origine e le radici, da un lato, e con la società italiana, dall’altro. Storie spesso personali, di faticose (o dolorose) contraddizioni e di ricerca di una sintesi possibile, storie con una valenza anche politica rispetto al tema dell’integrazione. Il romanzo di Alessandro non si inserisce affatto in questo filone: non sente il bisogno della militanza, né l’urgenza di raccontarsi. «Io non sarei in grado di parlare di me, non mi verrebbe naturale», mi confessa. «Trovo noioso chi mi chiede se mi sento più cinese o più italiano. È stato già scritto tanto sull’identità fra le due culture… Il rischio è finire per dire quello che gli altri si aspettano di sentire da te. Io non devo rappresentare nessuno».
Alessandro ha scelto infatti di esplorare il territorio del genere fantascientifico, distopico. Anche se quella che racconta forse non è una vera distopia, ma piuttosto l’esito estremo di un percorso tecnologico e sociale su cui, in qualche modo, stiamo già camminando. Le radici del suo ‘2088’ sono in un social network, GAIA, del tutto simile a quelli attuali, che poi evolverà nella Grande Rete, un universo virtuale a cui l’intera popolazione si connetterà per godere di un intrattenimento infinito, senza preoccupazioni, violenza e pericoli. E sarà stata proprio la pandemia da Covid a fare da acceleratore a questa Grande Virtualizzazione Mondiale. Nel romanzo infatti la finzione e i riferimenti all’attualità si intrecciano continuamente. «Non volevo raccontare qualcosa di troppo lontano dalla vita reale. E nemmeno creare un angosciante scenario distopico per lanciare un monito. La Grande Rete che descrivo ha senz’altro degli elementi inquietanti – il sistema di crediti sociali, i visori VR, l’interazione via avatar, ecc. – ma paradossalmente nasce come rifugio dal male del mondo di oggi, come luogo di pace. La provocazione che lancio è: siamo sicuri che sia tanto diversa o peggiore della realtà che stiamo vivendo?».

Identità, tra online e offline

Nel libro, il mondo (sia reale sia virtualizzato) è un ambiente neutro, senza connotazioni geografiche, senza riferimenti estetici. I personaggi non vengono quasi mai descritti fisicamente e i loro nickname non possono essere ricondotti a una nazionalità precisa. «Nella vita reale la tua identità ti viene subito attribuita a priori. Invece dentro internet chi sei dipende solo da quello che dici, scrivi o fai. Trovo questo aspetto del web molto positivo, un campo neutro senza pregiudizi. Così l’identità dei miei personaggi è determinata da come si comportano, non da fattori esterni». Mentre parliamo, Alessandro deve interrompersi e occuparsi di un cliente. Lo osservo. «Quanto ti senti romano?» gli chiedo. «Beh, parecchio» mi risponde. «Sono diretto, mi piace scherzare, fare battute. Di carattere ho un’infinita pazienza, ma di fronte alla mancanza di rispetto o alla maleducazione quella pazienza salta ed esce un temperamento davvero tutto romano». Entra un altro cliente: «Che per caso t’è rimasto un bijetto d’a lotteria?». «No, so’ finiti» gli risponde Alessandro. E mi è subito chiaro che, con quell’accento del Nord, l’unica voce stonata nel negozio in quel momento è la mia.

Micol Pancaldi