Porta Maggiore: da acquedotto a porta d’accesso alla Roma aureliana

L’evoluzione del monumentale arco divenuto uno dei fulcri del rione
(Numero 11 – Bimestre gen-feb 2017 – Pagina 8)

Sia che ci si passi con il trenino, sia che lo si percorra a piedi, è sempre affascinante attraversare un pezzo di storia. Questo è il caso di Porta Maggiore, che da arco di acquedotto, è diventata una delle più imponenti porte di accesso alla Roma antica.
Claudio e gli acquedotti di Roma. Quella che viene definita “porta” in realtà è la monumentalizzazione di alcuni archi dell’Acquedotto di Claudio, quelli che scavalcano la via Prenestina e la via Labicana (l’attuale via Casilina). La costruzione dell’acquedotto viene iniziata da Caligola e portata a termine da Claudio nel 52 d.C. In questa zona, denominata ad Spem Veterem, confluiscono ben otto degli undici acquedotti che fornivano di acqua l’Urbe. La porta è costruita in travertino e i due archi sono sormontati da un attico diviso in tre parti, sulle quali sono incise le iscrizioni commemorative della costruzione da parte di Claudio e di un restauro di epoca flavia. Le due fasce superiori corrispondono anche ai canali degli acquedotti Anio Novus e Aqua Claudia. La struttura è formata da due fornici, inquadrati da tre finestre incorniciate da edicole con semicolonne in stile corinzio e timpano. L’opera viene realizzata in blocchi di travertino e in bugnato (un modo di disporre le pietre in file sfalsate) rustico.
L’epoca imperiale e medioevale. Durante l’impero di Marco Aurelio la porta diventa parte integrante delle Mura aureliane (III d.C.) e assume il nome di Porta labicana o Praenestina. Nel 402 d.C. l’imperatore Onorio fortifica la struttura: la divide in due porte e ai due lati pone, a scopo difensivo, due bastioni. Un ulteriore bastione cilindrico viene posto sul davanti.
Per tutto il medioevo è attestato l’affitto delle porte dell’Urbe a privati e la riscossione di un tributo per il passaggio attraverso le stesse. L’appalto di Porta Maggiore aveva un costo abbastanza elevato, quindi è possibile supporre che il numero di persone, merci e bestiame che la attraversava, fosse molto alto.
Durante alcuni assedi alla città, la porta venne chiusa, per limitare i punti aperti da difendere.
Dal 1800 fino ai nostri giorni. Papa Gregorio XVI nel 1838 fa restaurare la porta, vengono quindi abbattute tutte le strutture di epoca onoriana, ma per motivi difensivi fa costruire delle quinte merlate per restringere l’ampiezza degli archi. E’ durante questi lavori che viene riportato alla luce il monumento funebre di Eurisace. Nel 1915 le quinte di Papa Gregorio vengono abbattute e nel 1956 l’intera struttura viene completamente restaurata.

Antonia Niro