Un pallone per crescere insieme

Esquilino Football Club: educazione, socialità e inclusione attraverso il gioco del calcio. Intervista al mister Giovanni Castagno
(Numero 49 – Bimestre set-ott 2023 – Pagina 3)

Arriva a via Bixio ogni pomeriggio in sella alla sua bicicletta, accolto, ancor prima di parcheggiare, da uno sciame di bambini nella loro divisa blu e rossa, impazienti di iniziare la lezione. Si percepisce chiaramente anche la sua di energia: la passione per il calcio, per l’insegnamento, per la magia che può accadere tra un bambino e un pallone. Giovanni Castagno dal 2008 è l’anima di Esquilino Football Club, una scuola calcio che oggi conta più di 120 bambini e bambine iscritti. I corsi si svolgono nel pomeriggio nel cortile della scuola Di Donato, con il supporto dell’Associazione Genitori, e nel campetto sterrato all’interno del giardino di piazza Vittorio.

Inclusione e divertimento prima di tutto

Giovanni è un docente di scuola primaria, ha lavorato a lungo anche nella scuola dell’infanzia e da sempre coltiva il suo interesse per l’insegnamento dello sport, anche collaborando con la Uisp – Sport per tutti. Dietro il suo entusiasmo ci sono anni di studio e formazione che ne hanno strutturato la cultura pedagogica, il metodo didattico, la visione, a scuola come sul campo da calcio. «Da insegnante, grazie a una realtà importante come il Movimento di Cooperazione Educativa, sono entrato in contatto col pensiero di autori come Bruno Ciari, Emma Castelnuovo, Gianni Rodari, Mario Lodi. Nella didattica dello sport il riferimento per eccellenza è Horst Wein, formatore di migliaia di istruttori in tutto il mondo, il cui metodo è adottato dalla Masia, il settore giovanile del Barcellona: insegnare il calcio attraverso il gioco, la motivazione ludica, il divertimento, nella convinzione che l’aspetto sociale sia fondamentale anche per raggiungere gli obiettivi tecnici. Con Esquilino Football Club cerchiamo di fare questo: far stare insieme i bambini senza creare gerarchie nel gruppo, anteporre il loro benessere psico-fisico, promuovere l’inclusione non la selezione. Grazie all’Associazione Genitori riusciamo a garantire la partecipazione gratuita di una trentina di bambini e bambine, un risultato importante. Purtroppo, la cultura sportiva prevalente nel nostro paese ha obiettivi diversi, con il risultato che i numeri dell’abbandono sportivo esplodono attorno agli 11-12 anni, perché i bambini sono già stanchi e demotivati».

Il calcio per educare e riflettere

Per promuovere questa dimensione, anche grazie al coinvolgimento diretto dei genitori, negli ultimi anni sono state organizzate iniziative aperte al territorio, come il Torneo delle Strade: «Stiamo preparando la terza edizione. Si tratta di un torneo breve, che si svolgerà per cinque sabati successivi, dal 30 settembre al 28 ottobre, presso il parco di viale Carlo Felice. Può partecipare chiunque. Costruiamo le squadre – Real Piazza Vittorio, Atletico Via Conte Verde, Via Bixio United, Dinamo Via Carlo Felice… – mescolando il più possibile i bambini e le bambine. Alla fine di ogni partita creiamo al centro del campo una sorta di ‘terzo tempo calcistico’ in cui i giocatori esprimono un giudizio sul comportamento e le qualità tecniche dei loro avversari. Un momento di riflessione, di distacco dall’evento prettamente agonistico, che aiuta a mitigare gli aspetti legati a vittoria e sconfitta e a ristabilire anche un giudizio più equo su quello che effettivamente è avvenuto in campo».
All’interno del Torneo dello scorso anno è stata inserita anche una partita molto speciale: quella tra i bambini dell’Esquilino e le giocatrici della Squadra di calcio femminile della Casa Circondariale di Rebibbia di Roma. «Cercheremo di ripetere anche quest’anno quella bellissima esperienza. In generale, continueremo a organizzare o a partecipare a partite che ci aiutino a ragionare con i ragazzi sul sessismo nello sport o su cosa significhi giocare a calcio quando si è in una condizione personale di debolezza e fragilità fisica o mentale, per offrire loro l’opportunità di riflettere sulle difficoltà degli altri e sul mondo che li circonda. Sono anche questi spunti, occasioni di crescita».
Dallo scorso anno ogni primo mercoledì del mese, dopo l’allenamento, è stato presentato un libro che racconta storie di calcio: «Pelè, Agostino Di Bartolomei, Socrates, Sindelar, Katia Serra: questi sono alcuni dei nomi di cui abbiamo parlato. È fondamentale che i bambini conoscano le storie di calciatori importanti che hanno avuto un profilo di impegno politico, che hanno espresso le loro opinioni sul mondo. Anche questo serve a comprendere che il calcio non può essere schiacciato sulla mera prestazione sportiva, come purtroppo il mainstream calcistico fa».

La mancanza di spazi pubblici
per lo sport è un grave problema politico

Alla fine della nostra chiacchierata chiedo al Mister cosa manca nel rione per i nostri ragazzi. «Io sono nato a via del Babbuino. Ho cominciato a giocare a pallone all’inizio degli anni ’80 e per frequentare le scuole calcio dovevo andare all’EUR, poi a Tor di Quinto e a Ponte Duca d’Aosta, con il 911. Trovo deprimente e drammatico che ci si ritrovi in una situazione identica o forse anche peggiore di quella che ho vissuto io. Mancano luoghi dove permettere ai ragazzi di giocare senza sentirsi degli intrusi. Ancor più difficile è organizzare iniziative di carattere agonistico. Senza spazi pubblici le sole alternative restano club privati e circoli sportivi. Questo è un grande problema culturale e politico che purtroppo non viene affrontato e che a Roma ha creato danni enormi. Bisognerebbe invertire la rotta, ma ormai non è semplice. Le nostre iniziative provano a spingere in questa direzione, e sono orgoglioso di quello che stiamo costruendo con i nostri bambini».

Micol Pancaldi