Villa Gentili-Dominici al Macao

La più eccentrica delle ville esquiline, sopravvissuta alla lottizzazione ottocentesca, in un’oasi di verde, tra la via di Porta San Lorenzo ed il viale di Porta Tiburtina
(Numero 13 – Bimestre mag-giu 2017 – Pagina 8)

La famiglia Gentili, originaria di Camerino nelle Marche, era presente a Roma sin dalla metà del Trecento quando, nel 1378, Luca Gentili, vescovo di Lucera e governatore dell’Umbria, venne nominato cardinale dal pontefice Urbano VI Prignano. Insigniti successivamente del titolo di conti di Ascrea, i Gentili acquistarono ben presto grande prestigio all’interno della Curia pontificia, ottenendo infine, nel settembre 1731, da papa Clemente XII Corsini, il secondo titolo cardinalizio con Antonio Saverio (1681-1753).
Il Casino nobile al Macao. Nel 1739 il marchese Filippo Gentili, “per 1.020 scudi e 37 baiocchi”, acquistò da tal Giovan Battista Arlini, per sé ed il fratello cardinale Antonio Saverio, un piccolo orto “di poco superiore alle tre pezze”, posto lungo la via di Macao, presso la Porta di San Lorenzo, tra le Mura Aureliane e le vigne del conte Polidori. Il terreno ortivo aveva già “una casa con fontane” e “vasche et altre comodità in muratura” e disponeva del diritto di utilizzare l’acqua Felice. Pertanto, ottenuto in donazione dalla Camera apostolica un terreno confinante posto sul lato occidentale, i Gentili ampliarono i manufatti rurali esistenti per farne la residenza di campagna, il loro Casino nobile suburbano, avendo già il palazzo di città, al Parione, davanti alla chiesa di san Nicola in Arcione.

Il progetto. Con ogni probabilità fu Filippo Raguzzini (1690-1771) – “il più originale e brioso progettista del Rococò a Roma”, in quegli anni architetto “deputato per il rione Monti” – l’artefice del Casino nobile che venne realizzato, tra il 1741 ed il 1748, appoggiandosi direttamente sulle Mura Aureliane ed inglobandone anche una torre, la più prossima alla Porta di San Lorenzo. Il lato sinistro del Casino nobile, invece, si appoggiava ai fornici dell’Acquedotto Felice, il quale staccandosi successivamente dalla proprietà Gentili, superava con la monumentale porta di Sisto V la via di Macao, per svolgersi verso Termini, percorrendo per tutta la sua lunghezza l’intera villa che era appartenuta a papa Felice Peretti, posta sull’altro lato della via.
Il ninfeo di Ercole. Lungo le mura che delimitano l’area edificata venne anche realizzato un ninfeo, un nicchione coperto da un arco fortemente ribassato contenente una statua di Ercole, scavato direttamente nello spessore della muratura e caratterizzato da una estrema delicatezza, eleganza e luminosità, per la parete segnata da linee “frastagliatissime” ed un prospetto riccamente decorato a stucco. Completavano la villa un insieme di spazi esterni, sistemati a giardino all’italiana, organizzati da tre viali raccordati tra loro da viali ortogonali. Nel piazzale antistante il Casino nobile, due boschetti, posti in parallelo, inquadravano prospetticamente un secondo piazzale di forma ellittica con al centro una fontana. Un loggiato coperto a verde, che si estendeva come terrazza pensile sulle Mura Aureliane per una lunghezza di 160 metri – quasi un’ala dell’edificio principale – costituiva una straordinaria passeggiata panoramica che si concludeva con una seconda costruzione destinata a Coffee House quale luogo di sosta e di ristoro, di cui oggi non restano che rovine ricoperte da strutture moderne.
Dai Gentili ai Dominici. Nel 1753, per volontà testamentale di Filippo e Antonio Saverio, la villa passò alla loro nipote, la marchesa Costanza, con l’obbligo di assumerne il cognome, e successivamente alla sua primogenita Margherita, che a sua volta ne fece dono al principe Urbano del Drago che aveva sposato la sua figlia adottiva Geltrude. Nel febbraio 1861 la villa veniva acquistata dalla principessa russa Elisa Cherementeff e data in affitto ad una congregazione religiosa, la quale però la lasciò in totale stato di abbandono. Alla morte della principessa, nel 1891, la villa passava infine agli eredi, il fratello Basilio e la sorella Elisa, vedova Bibikoff. Nel 1913 la villa, priva ormai del suo bel giardino di delizie, espropriato alla fine dell’Ottocento, fu venduta ad un facoltoso impresario agricolo umbro, Gustavo Dominici, che vi apportò alcuni lavori di risanamento e di modifica, realizzandovi anche dei nuovi corpi di fabbrica in area contigua, ed una diversa sistemazione del piccolo giardino di pertinenza, il solo sopravvissuto, dando così al complesso l’attuale aspetto moderno.
La villa oggi. In un’oasi di verde, quasi avulso dal contesto circostante, “incastonato” tra le Mura Aureliane e le prime arcate dell’Acquedotto Felice dopo Porta san Lorenzo, con accesso all’area dal piazzale di Sisto V, il Casino nobile si presenta in posizione decisamente rialzata rispetto al piano stradale, con i suoi tre piani a pianta irregolare, la facciata scandita da lesene ed una altana posta in corrispondenza della parte centrale ad archi. La lunetta del portale di accesso, al quale si giunge da due scale curvilinee, reca ancora lo stemma araldico della famiglia Gentili, rappresentato da un cane in corsa che si ritrova anche riprodotto in alcune delle decorazioni interne, testimonianza di un passato che impone agli attuali proprietari, i Dominici di terza generazione, l’impegnativo compito di salvaguardare la continuità storica del particolare “monumento” che essi si ritrovano ad abitare.

Carmelo G. Severino