Gli Horti di Mecenate

(Numero 2 – Bimestre lug-ago 2015 – Pagina 6)

Duemila anni fa l’Esquilino conobbe un periodo di rinascita. Tra il 42 ed il 35 a.C., Gaio Cilnio Mecenate, amico e consigliere di Augusto, decise di riqualificare il territorio, per lunghi secoli abbandonato e degradato ad area di sepoltura di schiavi e prostitute
L’operazione di bonifica. In quegli anni, Mecenate già possiede terreni nell’area di Porta Esquilina, nella zona dentro le Mura delimitata dalla salita della Suburra (ClivusSuburanus). Su richiesta di Augusto realizza una grande Villa suburbana – gli HortiamoeniMaecenatis – acquisendo anche la necropoli del Campo Esquilino che viene bonificata con ampi strati di terra fertile.
Si avvia, in tal modo, un processo di rigenerazione di tutta l’area che viene livellata e trasformata in un pianeggiante altopiano, utilizzato come luogo di residenza suburbana, mentre le aree sepolcrali vengono confinate ai margini delle grandi strade che lo attraversano. La proprietà di Mecenate si estende così verso Sud e verso Sud-Est, fino all’antica via Merulana ed alla via Labicana.
Gli Horti. L’Esquilino è ricco di acquedotti e l’abbondanza d’acqua consente l’irrigazione di parchi e giardini, la costruzione di fontane, ninfei e giochi che diventano ben presto la caratteristica degli Hortiamoeni. Le terrazze panoramiche, le edicole absidate e i padiglioni sparsi tra il verde dei giardini, sono l’espressione di un mondo intellettuale impregnato di cultura e letteratura, dove riunirsi per dissertare di questioni dotte o filosofiche o ascoltar versi e musica.
Gli Hortiamoeni sono organizzati con una grande piazza circondata da portici, esedre e nicchie. La Villa, ricca e sontuosa, si struttura intorno all’Auditorium – oggi in Largo Leopardi – ricavato nell’ampio parco costruito a ridosso delle Mura Serviane di cui è stato colmato il vallo. Nell’Auditorium, decorato di preziosi marmi, con l’acqua che scorre raccogliendosi nel canale centrale per rinfrescare l’aria, Mecenate riunisce amici artisti, poeti e letterati come Virgilio, Orazio, Properzio e Lucio Varo.
Una testimonianza dell’epoca. Quinto Orazio Flacco dà una testimonianza letteraria di com’era Esquilino in quegli anni lontani (35 a.C.). In una sua Satira (Libro I, Satira VIII) il poeta latino dà voce ad una figura lignea di Priapo, il dio della fertilità, che racconta come con un peto abbia messo fine alle repellenti pratiche di magia di due streghe, Canidia e Sagana, per cui adesso sull’Esquilino si può abitare e passeggiare al sole, in luoghi dove prima v’erano solo campi informi biancheggianti di ossa insepolte, squallido e malsano sepolcreto di poveri. “Nunc licet Esquiliis habitare salubribus atque aggere in aprico spatiari, quo modo tristes albis informem spectabant ossibus agrum”.

Carmelo G. Severino