Scusate, c’è qualcosa che funziona?

Nonostante i tanti presidenti e amministratori delegati cambiati nel corso degli anni, AMA e ATAC continuano a non rendere il giusto servizio
(Numero 39 – Bimestre gen-feb 2022 – Pagina 2)

A fine ‘800, il giovane Einstein si lamentò fortemente che tanti professori di fisica delle università e delle scuole tecniche di Germania, Inghilterra e Francia ripetessero centinaia di volte lo stesso esperimento con la speranza di osservare qualche risultato differente. Eppure a loro era dovuto un enorme progresso in termodinamica, elettricità, ottica, cioè in quella che oggi potremmo definire la fisica classica. Niente da fare, centinaia di prove con gli stessi materiali e nelle stesse condizioni, davano sempre gli stessi risultati.
In AMA e in ATAC si verifica la stessa cosa: negli ultimi anni c’è stato un carosello di direttori generali, dirigenti, consulenti ed esperti. Tutti a rilasciare dichiarazioni sul futuro luminoso delle aziende e così impegnati da non poter ascoltare le voci (le lagnanze) dei cittadini. Non è pensabile che fossero tutti inetti e incapaci: erano stati selezionati, sulla base di curricula e incarichi svolti, da politici e consiglieri di lunga esperienza. Il risultato del lavoro di tanta intelligenza, e cioè la soddisfazione delle necessità dei cittadini, è stato deludente: la città è sempre sporca, i cassonetti malandati e puzzolenti; il trasporto pubblico inadeguato e ricco di guasti, addirittura ai binari nel caso dei tram e di fiamme nel caso dei bus.
Se cambiare la testa non serve, allora la responsabilità è… di chi ci lavora: i netturbini dell’AMA o gli autisti dell’ATAC che se ne stanno in strada a fare nulla, è evidente. Cambiamoli con quelli di ditte private, che forse loro sì, sanno come farli lavorare. O forse no, è meglio prenderli di nuovi che se ne ricorderanno al momento di votare…
Ogni giorno le domande dei cittadini sono le stesse, e ricevono sempre le stesse risposte.
A chi segnalo un disservizio? Alla direzione naturalmente.
Quando sarà eliminato? Sicuramente il prima possibile.
Nel frattempo come andiamo avanti? Non posso saperlo.
Chi è il responsabile di zona? Non posso dirlo, ovviamente.
Mi terrete informato di come state procedendo? Certo tramite i giornali e la TV locale.
…Bisogna aver fiducia! Ma in cosa? In chi?

L’idea di una figura di prossimità per aiutare l’organizzazione del lavoro

Il giovane Einstein non si limitò alla denuncia dell’inutilità di tanti lavori, ma raccolse le novità del momento, i quanti e la radioattività, per formulare nuove strutture di ricerca e nuovi esperimenti. Anche ora abbiamo bisogno che AMA e ATAC riformulino le loro strutture operative.
Anni addietro, il CENSIS descrisse il tessuto produttivo italiano con la frase ‘piccolo è bello’, in contrapposizione al modello del ‘risparmio di scala’, secondo cui più l’impresa è grande più si risparmia.
Ma, grande o piccola che sia l’azienda, questa per funzionare ha sempre bisogno di figure che siano a contatto con la gente e i suoi bisogni. Se un’impresa non è radicata nel territorio, per quanti sforzi si facciano, risulterà sempre un corpo estraneo che può stare e operare in qualunque luogo. Lo stiamo vedendo, purtroppo, in occasione della pandemia da Covid-19: la centralità degli ospedali non risolve il problema della cura, trascura affetti ed emozioni, riduce i medici di base a estensori di ricette, semplici figuranti nella tragedia.
Una figura che faccia da raccordo col territorio, nel caso di ATAC, potrebbe essere il ‘responsabile di linea’, ossia quella persona fisica che disponga di uomini e mezzi per gestire il servizio della linea in autonomia per piccoli interventi e piccole spese. Analogamente per AMA. Si tratta di figure che vivano il territorio, lo conoscano e controllino quanto di cui sono responsabili non da un monitor su un tavolino, ma andando in giro a cercare incuria e malfunzionamenti.
Mesi fa, il 4 ottobre, alla fermata metro Manzoni ho notato che la scritta che indicava il Museo della Liberazione era stata alterata. Non sporcata né cancellata ma soltanto alterata: da ‘Museo della Liberazione’ era diventata ‘Muse della iperazione’. Cosa voglia dire non so, come non so da quanto fosse così. Il giorno della befana sono passato un’altra volta e ho notato che la scritta era ancora alterata. Non credo che nessuno dei passeggeri passati di lì abbia segnalato la cosa. E forse anche l’incaricato non c’era o dormiva… Ma gli addetti alla stazione Manzoni, e sono tanti, vanno al lavoro in auto?

Carlo Di Carlo